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Alcool, mancanza di sonno, stress … feste di fine anno a rischio per il cuore
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Articolo di Redazione
30 dicembre 2016 19:52
 
  La magia di Natale! E’ una delle banalita’ che fioriscono nei media quando si avvicina la fine dell’anno. Anche gli epidemiologi si sono concentrati sugli effetti possibili del periodo delle feste di fine anno sulla salute. Il risultato potrebbe raffreddare un po’ gli ardori di quelli che si entusiasmano di veder arrivare la fine di dicembre: la mortalita’ di origine cardiaca in questo periodo e’ la piu’ elevata dell’anno (un aumento nell’ordine del 4-5%), e questo riguarda sia l’emisfero Nord che quello Sud del Pianeta.
La conferma e’ venuta da uno studio di scienziati australiani e neozelandesi, pubblicato lo scorso 22 dicembre nel Journal of the American Heart Association, che giunge a dei risultati che concordano con con quelli che alcuni ricercatori avevano ottenuto in Usa esattamente dodici anni fa sulla rivista Circulation.
Nel 2004, David Phillips (Universita’ della California, San Diego) ed i suoi coautori avevano utilizzato come base i dati dei certificati di morte per gli anni 1973-2000. Il periodo delle feste di fine anno era individuato come le due settimane tra il 25 dicembre e il 7 gennaio. Il loro punto di partenza era il fatto che in quello specifico momento “milioni di americani cambiavano brutalmente il loro modo di frequuentazioni, di mangiare, di bere, di fare esercizi fisici, di lavoro e di vacanze. Cambiamenti a grande scala che potrebbero riguardare la mortalita’ cardiaca”.
Un aumento nei due emisferi
I ricercatori americani hanno calcolato il numero dei decessi che si potevano aspettare nell’ipotesi in cui la mortalita’ per causa naturale non avesse subito nessuna modifica nel periodo delle feste di fine anno, ed hanno paragonato questi dati con il numero di decessi che realmente ci sono stati. Durante il periodo delle feste di fine anno, la mortalita’ cardiaca era cresciuta del 4.65% e la mortalita’ naturale dovuta ad altre cause del 4,99%. Una tendenza che si accentuava coi tempi. Le curve statistiche facevano apparire elevato il numero dei decessi intorno al Thanksgiving, con un primo picco il 25 dicembre, culminando il primo dell’anno. Per spiegare un tale fenomeno, David Phillips e i suoi colleghi hanno prima di tutto voluta scartare un elemento di confusione legato al fattore climatico. Fatto notevole, questi due picchi si erano manifestati molto nelle regioni che avevano degli inverni rigidi che non in quelle che avevano temperature miti. Uno studio precedente limitato alla sola contea di Los Angeles escludeva gia’ la responsabilita’ di temperature basse per spiegare l’aumento dei decessi di origine cardiovascolare in quel momento dell’anno. Il nuovo studio di Josh Knight (Universita’ di Melbourne) e i suoi coautori si e’ dedicato a replicare lo studio americano nel contesto dell’emisfero Sud. Agli antipodi, le feste di fine anno si tengono durante l’estate, dove in genere il tasso di decessi e’ basso. Questi autori hanno analizzato i dati ufficiali della Nuova Zelanda tra il 1998 e il 2013, con un totale di 740.000 decessi, 200.000 dei quali erano classificati di origine cardiaca.
“Spostamento della data di morte”
Il risultato era molto vicino a quello osservato nell’emisfero Nord: un aumento del 4,2% del numero di decessi di origine cardiaca (presso gli ospedali) in rapporto al numero che ci si attendeva. Cioe’ 4 decessi supplementari all’anno. Il picco di decessi (+4,5%) era atteso nel corso delle due settimane intorno al 27 dicembre. L’équipe australo-neozelandese ha esaminato quello che accadeva quando iniziava il periodo del 23 dicembre o quello del 29 dicembre: nei due casi non c’erano effetti statistici significativi associati.
Per tentare di spiegare questo “effetto Natale e primo giorno dell’Anno”, l’équipe americana ha valutato diversi fattori: rinuncia a cure mediche, diminuzione di coloro che si fanno curare o diminuzione della disponibilita’ degli addetti alla sanita’ che abitualmente seguono i pazienti, crescita di stress emotivi (visite dei parenti…), eccessi alimentari e di bevute, problemi respiratori, temperature piu’ fredde, e “spostamento della data della morte” con un decesso trascritto prima o, al contrario, piu’ tardi di quanto si era manifestato.
Per i ricercatori dell’emisfero Sud, molti di questi fattori non sono convincenti, e quasi da scartare. David Phillips e i suoi colleghi ritengono che solo due sono utili per i loro dati: lo spostamento della data della morte e il rinvio improprio del ricorso alle cure.
Buone feste!
La pubblicazione americana del 2004 era accompagnata nello stesso numero di Circulation da un editoriale di Robert Kloner, che aveva diretto lo studio limitato alla contea di Los Angeles. Il medico dell’Universita’ della California del Sud a Los Angeles avanzava qualche impressione all’attenzione dei professionisti della sanita’ in modo da considerare il fenomeno che lui chiamava “Gioioso Natale coronarico” e “Crisi cardiaca del felice anno nuovo”. Queste includono: consigliare ai pazienti un rapido interessamento in caso di sintomi cardiaci, esaminarli da se stessi piuttosto che affidarli a delle cure di persone che non li conoscono, dotarsi di sufficienti servizi personali di terapie intensive e di urgenza. Inoltre raccomanda ai pazienti di evitare i fattori scatenanti l’infarto del miocardo (attivita’ fisica troppo intensa, eccessi alimentari essenzialmente quelli di alcool, mancanza di sonno, stress emozionale, arrabbiature, droghe illegali…). Un adeguato trattamento dell'ipertensione dovuta ad un diabete, ad alterazioni lipidiche, senza dimenticare di evitare il tabagismo, possono essere ugualmente pertinenti.
Detto questo, non e' troppo tardi per augurarvi buon feste e un buon veglione.

(articolo di Paul Benkimoun, pubblicato sul quotidiano Le Monde del 30/12/2016)
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