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Bolivia. Il procuratore discusso e la tensione nel Cochabamba
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Articolo di Donatella Poretti
6 ottobre 2001 18:02
 

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Il sequestro di 125 armi da fuoco ai militari del Chapare, da parte del procuratore Daniel Humérez, ha aperto un dibattito sull'uso della forza e sulle azioni dei militari dislocati nel tropico del Cochabamba. Per il procuratore le armi sono state sequestrate per poter essere sottoposte a perizie balistiche, da raffrontare poi con i risultati degli esami del guanto di paraffina per determinare quale arma e quale militare abbia sparato contro i cocaleros.
Subito si sono levate le proteste del Governo, dell'Esercito e del Parlamento. Per Mauro Bertero, ministro de Informacíon Gubernamental, il procuratore non ha il potere di sequestrare armi alle Forze Armate; il Prefetto di Cochabamba, José Orías Arredondo, ha giudicato eccessiva l'azione del procuratore. Il deputato Carlos Sánchez Berzaín, in qualita' di presidente della Commissione della Costituzione ha denunciato l'accaduto come un fatto molto grave, le Forze Armate hanno gia' aperto una propria inchiesta sui fatti avvenuti e "non puo' venire un procuratore di nessuna autorita' a sequestrare le armi". Per il deputato inoltre si tratta di un vero e proprio affronto la prova del guanto di paraffina, ma anche di un fatto ridicolo, perche' i militari risulteranno tutti positivi e non contribuira' in alcun modo a risolvere le indagini in merito alla morte del cocaleros Román Pérez, che accompagnava i giornalisti il 27 settembre scorso.
Ma insieme alle critiche al procuratore Humérez sono giunti anche i plausi. Il Difensore del Popolo di Cochabamba, Ricardo Pool ha apprezzato "l'attitudine coraggiosa" del procuratore, mentre l'ex presidente della commissione dei diritti umani, Manuel Suárez, ne ha lodato la fermezza: "e' un gran segnale che il Pubblico Ministero e la Polizia Giudiziaria dicano che chi e' autorizzato a utilizzare le armi e' comunque sottoposto alla legge. Il procuratore ha segnato un precedente".
Ieri, sempre nel tropico del Cochabamba, si sono ritrovate le sei federazioni di cocaleros nell'assemblea di Lauka Ñ. Al centro del dibattito e' sempre la loro richiesta di poter coltivare il "cato" (terzo di ettaro) di coca a famiglia, decidendo di tenere aperto il dialogo con il Governo fino a lunedi'. "Se in questo periodo il Governo non accetta, prenderemo in considerazione il blocco stradale dei camion. Se verremo attaccati con i proiettili, con i proiettili risponderemo" ha minacciato il dirigente Feliciano Mamani. Nel frattempo i cocaleros hanno aumentato la loro presenza attorno agli accampamenti dei militari.
In Bolivia, e nella regione del tropico del Cochabamba in particolare, tutto ruota intorno alla coca. Il Plan Dignitad proposto dal Governo che prevede la distruzione, anche con la forza, delle coltivazioni della coca e la sostituzione con le coltivazioni alternative. Il "cato" di coca da poter continuare a coltivare da parte delle famiglie dei cocaleros. Con la coca i contadini riescono senza grandi tecnologie a produrre un prodotto che ha facile commercio e che percio' e' redditizio, che per alcuni e' l'unica forma di sostentamento. Senza la coca il Governo vorrebbe trasformare la Bolivia in un Paese non piu' in mano ai narcotrafficanti e affidabile per i Paesi stranieri. Il processo non e' indolore, la tensione e le prove di forza da entrambe le parti mantengono il Paese in un clima di conflitto perenne.

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