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Brexit. Le speranze europeiste dei liberaldemocratici a Bath
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Articolo di Redazione
31 maggio 2017 15:56
 
 Nel sud-est dell’Inghilterra, il partito centrista conduce la sua battaglia per riconquistare questo bastione ceduto ai conservatori nel 2015. E sprona perche’ si tenga un secondo referendum, sperando di convincere i difensori del “remain” e quelli del “leave”, gia’ pentiti.
A Bath, i Libdem navigano sul dopo-Brexit
Ci si concentra su una rivincita nel piccolo locale del partito liberaldemocratico a Bath. Intorno al tavolo, in questo appartamento strampalato trasformato in quartier generale della campagna, un pugno di volontari attacca valorosamente la pila di depliant da distribuire. Sono stati appena stampati, con il viso della candidata ufficiale appena decisa, Wera Hobhouse. La campagna elettorale per le elezioni anticipate dell’8 giugno e’ nel suo pieno, il tempo stringe. La viva citta’ termale, nel cuore del Somerset, attira tutti i raggi del sole primaverile. I turisti, una delle principali risorse di guadagno della regione, con qualche industria di servizi e di informatica, hanno invaso le strade ed ammirano la splendida architettura georgiana dell’epoca. Bath, o Jane Austen a cui si e’ ispirata, e’ un centro del cuore per il partito liberaldemocratico, uno dei cinquanta seggi che spera di guadagnare alle elezioni.
Nel 2010, i Libdem, galvanizzati dal suo carismatico leader, Nick Clegg, ottenne 57 seggi storici nel Parlamento (su 650). Impedirono ai conservatori di ottenere la maggioranza assoluta e obbligo’ David Cameron a fare una coalizione. Nick Clegg divenne vice-Primo ministro. Ma, l’esercizio del potere e i suoi compromessi, come la rinuncia alla promessa elettorale di sopprimere le pesanti spese di iscrizione all’universita’, sono costati terribilmente cari ai Libdem nelle elezioni del 2015. Ridimensionati, sono stati ridotti ad un livello minimo, nove deputati.
“Ci ha mentito”
Bath, che conta due universita’, non e’ venuta meno all’ecatombe. Dopo ventitre anni in mano ai liberaldemocratici, e’ cascata nel 2015 nelle mani dei conservatori ed ha eletto, con una maggioranza di circa 4.000 voti, il giovane Ben Howlett, che oggi ha 30 anni. “Che nervi, ha detto ovunque che in due anni ha fatto di piu’ che il suo predecessore in ventitre”, dice mentre sta imbustando delle lettere Leslie Hankins, una volontaria libdem. Ben Howlett si presenta e, anche se ci sono in corsa anche un candidato ecologista e uno laburista, la vera battaglia si giochera’ tra lui e Wera Hobhouse, 57 anni.
Originaria di Hannover, nel nord della Germania, e sposata ad un britannico, vive nel Regno Unito dal 1990. Pittrice, ha fatto le Belle Arti a Parigi e parla un francese perfetto. “Sono una cittadina di nessuna parte, ma di Bath”, si presenta parafrasando Theresa May. Nello scorso ottobre, in un virulento discorso, il primo ministro aveva qualificato “i cittadini del mondo” come “cittadini di nessuna parte”. Un attacco diretto ai sostenitori della permanenza in seno al’Ue, quelli che avevano votato “remain” al referendum del 23 giugno 2016, quel 48% ormai indicato come “Remoaners”, in un gioco di parole tra “remain” (restare) et “moaner” (brontolone).
Bath, la cui maggior parte della popolazione e’ piuttosto agiata, “bianca e di classe media”, spiega Wera Hobhouse, fa parte di questi brontoloni. La citta’ ha votato al 58% a favore del remain. Mentre il sud-ovest dell’Inghilterra ha scelto il leave. Per il partito centrista,e’ una possiblita’ di riguadagnare il terreno perduto. Mentre, a livello nazionale, il candidato dice di essere “molto moderatamente ottimista”. Mentre i libdem sono i soli a reclamare un secondo referendum sulla Brexit da quando i negoziati con l’Ue sono cominciati, la campagna non e’ un successo. Soprattutto perche’ Tim Farron, il leader che e’ succeduto a Nick Clegg, manca di per se’ di carisma. La rinascita sperata potrebbe avere il fiato corto.
Su Barrow Close, una strada contornata da piccole case modeste, Wera Hobhouse fa un porta a porta. Andrea, una trentina d’anni, i capelli biondi tagliati a caschetto, apre la sua porta. “Io ho sempre votato conservatore, ma nonostante questo non sono particolarmente attratta da Theresa May dalle sue misure in materia scolastica”. I conservatori hanno annunciato una “tassa sulla demenza”, cosiddetta perche’ riguarda le persone affetta da demenza senile, con l’intento di finanziare la loro cura. Al referendum Andrea ha votato per il leave, ma “se si dovesse rifare, io voterei per il remain. Ci hanno mentito. Oggi il risultato sarebbe ben diverso”. La candidata mentre beve una bevanda di latte, spiega che i Libdem propongono un nuovo voto sull’accordo concluso con l’Ue. Poi presenta la sua ultima carta: “Inoltre, tra noi, penso che ci vogliono piu’ donne in parlamento, esse fanno una politica diversa” Andrea annuisce. “Lei ha ragione, Wera, io votero’ per lei”. Andando via, Hobhouse sospira, “Bene, vedremo se andra’ a votare”. L’astensione, tradizionalmente molto elevata nelle elezioni generali, avra’ un ruolo chiave nel risultato.
Qualche metro piu’ in la’, il battente della porta si apre bruscamente. Una donna anziana, capelli tirati e trucco viola e sostenuto, appare, molto nervosa. “Io ho sempre votato conservatore, e poi per l’Ukip (ndr, il partito antieuropeo) per la Brexit. Ma la signora May e’ andata troppo in la’, prendendo di mira i pensionati, noi che abbiamo lavorato tutta la nostra vita.. E’ troppo voler ancora farci pagare”.
“So che sono la’”
Wera Hobhouse prova a presentare le proprie ragioni. Ma Jenny la ferma. “E poi, a me, cio’ che mi fa arrabbiare e’ l’immigrazione. Attenzione, io non sono razzista. Ma siamo una piccola isola e va a finire che coliamo a picco nel fondo del mare sotto il loro peso. Essi arrivano senza lavoro e si prendono i nostri posti di lavoro”. La candidata aspira dolcemente e spiega che questo ultimo argomento e’ falso, che il numero di immigrati senza lavoro e che beneficiano di contributi, e’ minimo. E aggiunge: “Lei ne conosce molti?”. Jenny la guarda, e risponde: “No, nessuno”. Poi fa una pausa. “Ma so che sono la’”. Ripartendo, Wera Hobhouse, che ha rifiutato i consigli di alcuni che le suggerivano di rimpiazzare le W del suo nome con la V “piu’ inglese”, alza le spalle. “Ecco, e’ tipico, non c’e’ quasi nulla di immigrazione qui, ma lei probabilmente legge le menzogne distribuite dal Daily Mail”, un quotidiano popolare antieuropeo e xenofobo. Essa indica con un gesto Barrow Road, la strada commerciale di questo quartiere molto povero: due chioschi di bookmakers, un fish and chips, un piccolo negozio di generi alimentari e tre locali chiusi. “E’ il loro quotidiano. Hanno visto la loro strada degradarsi nel corso degli anni e non vogliono piu’ pagare tasse. Non capiscono che e’ tutto legato. I conservatori vogliono sempre essere il partito delle tasse basse, ma voilà, il risultato e’ questo”.
Wera Hobhouse conta molto sui laburisti delusi e pro-Europa. John Chivers, 75 anni, e’ uno di loro. Lungo l’Avon, il bel lungofiume che serpenteggia a Bath, spiega ai turisti dove noleggiare delle chiatte. Membro del Labour da quaranta anni, ha reso la sua tessera l’anno scorso. “A causa di Jeremy Corby. Non e’ possibile questo ritorno indietro di trenta anni”, si lamenta. La Brexit gli provoca disperazione e non digerisce che il Labour non abbia preso posizioni piu’ precise in merito. L’8 giugno votera’ “tatticamente, come la maggior parte dei miei amici e della mia famiglia”. Questo sara’ quindi un sorta di bollettino liberaldemocratico per “bloccare le teorie e per l’Europa”.

(articolo di Sonia Delesalle-Stolper, pubbliato sul quotidiano Libération del 31/05/2017)
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