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Colombia. La strada della recessione
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Articolo di Benedetta Marziali
1 ottobre 2001 19:53
 
Le fumigazioni di piantagioni di coca, estese su 28.000 ettari di terreno, hanno versato l'intera regione di Putumayo (Nord-Est del Paese) in una recessione totale.
Alvaro Sierra -inviato speciale del quotidiano colombiano El Tiempo- intitola "Una settimana nel Putumayo" una cronaca-inchiesta sulla crisi economica che imperversa nella regione trasformata nel relitto di se stessa. 38.000 coltivatori sono in attesa dei "fumosi" programmi alternativi promossi, e promessi, dal Governo, ma lo scetticismo e' esteso e generale.
La produzione di coca ha caratterizzato la vita nel Putumayo per molti anni. Le file di cantine che fiancheggiavano la strada all'entrata di La Hormiga sono disabitate e delle 1.000 prostitute presenti in citta' ne sono rimaste cinque. Le due compagnie di bus che coprivano la tratta Puerto Asis-Mocoa hanno interrotto il servizio per mancanza di passeggeri relegando la cittadina all'isolamento e gli abitanti all'esilio. Commercianti, trasportatori e ristoratori fanno da eco ai lamenti della popolazione. La recessione e' completa. Mentre il gaudio di militari e polizia si coniuga sull'offensiva fumigatoria e si completa grazie ai divieti imposti ai campesinos, decine di persone, in maggior parte donne e bambini, sono detenuti con l'accusa di trasportare la coca "fatta in casa" ai mercati di Puerto Asis o Mocoa.
La coca rappresenta l'unica possibilita' di dinamica sociale: la formula di ascesa e' illegale in un Paese dove la mobilita' e' legale ma impossibile. Secondo uno studio sul lavoro dei campi fatto da Corpoamazonas si calcola che nel dicembre scorso circa 30.000 famiglie dipendevano dal reddito annuale derivato dalla coltivazione a coca di 114.300 ettari terreno (*); 350.000 lavoratori itineranti, hanno prestato la loro manodopera nelle regioni di Caqueta, Putumayo e Amazonas. Le Farc (che definiscono il narcotraffico "dannoso") e le Autodefensas (che appoggiano il Plan americano), stanno lottando all'ultimo sangue per il controllo del commercio, e non disdegnando di "accettare" un'imposta sulla pasta di coca che va dai 200 ai 350 mila pesos per chilo, instaurando un clima di terrore per tutti coloro che vogliano oltrepassare i territori controllati; le Nazioni Unite calcolano 6.800 rifugiati colombiani in Ecuador.
La cocaina, le guerre e la "narcoeconomia" rappresentano la triade dominante nella societa' e nella politica colombiane, dove l'escalation della guerra civile ha le stesse radici dell'ingerenza perpetrata dalla politica anti-droga americana: un flusso spropositato di denaro che entra in uno dei circuiti piu' redditizi del mondo. Un articolo uscito su The Economist nell'estate del 1999 metteva in piena luce il totale e profondo legame che corre tra le milizie paramilitari di estrema destra e i narcotrafficanti, un'unione che vede i primi proteggere i secondi: una profondita' d'azione che, come sottolineava il settimanale britannico, e' al di sopra di quanto la DEA immagini.


(*) Solo 15.000 ettari sono coltivazioni alimentari -secondo il Ministerio del Medio Ambiente
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