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Demografia e sviluppo. La bomba del Sahel
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Articolo di Redazione
17 gennaio 2017 14:33
 
 Contrariamente al resto dell’Africa, il Sahel, come qualche Paese dell’Africa centrale, continua a vedere la sua popolazione aumentare massicciamente. Il Niger detiene anche il record mondiale di fecondita’. A medio termine, niente permette di intravedere un capovolgimento di tendenza. Questa regione povera e destabilizzata dalla potenza dei movimenti jaidisti diventera’ uno dei principali motori della crescita demografica mondiale verso la fine del XXI secolo, secondo le proiezioni della divisione popolazione delle Nazioni Unite. 
Demografo alla Fondazione per gi studi e ricerche sullo sviluppo internazionale (Ferdi), Michel Garenne ha analizzato in dettaglio la situazione dei sei Paesi francofoni -Senegal, Mauritania, Burkina Faso, Mali, Niger e Ciad- che sono presenti in questa zona di piu’ di 5 chilometri quadrati. Garenne evidenzia le politiche sulle popolazioni condotte fino ad oggi e mette in guardia contro una “situazione insostenibile”, di cui una conseguenza sara’ la migrazione di diverse decine di milioni di persone. Nel momento in cui l’Unione europea intende rispondere al problema migratorio con maggiore sviluppo, il ricercatore esorta a non lasciare ai margini la questione demografica.

D. Il rallentamento della crescita demografica e’ all’ordine del giorno in tutta l’Africa, salvo che in Sahel e in qualche Paese dell’Africa centrale. Perche’?
R. I dirigenti di questi Paesi non hanno mai considerato che prendere in considerazione la crescita della popolazione era realmente importante. Lo sviluppo deve permettere di dettare regole a tutti i problemi. Questo discorso era -e’ vero- in voga in molti Paesi del sud negli anni 70. L’Algeria, a nome dei Paesi non allineati, dichiarava alla conferenza mondiale sulla popolazione di Bucarest nel 1974 che “la migliore pillola, e’ lo sviluppo”. Dieci anni dopo, gli algerini hanno fatto marcia indietro e adottato un grande programma di pianificazione famigliare. Non i Paesi del Sahel, dove tutto cio’ che e’ stato avviato ha avuto poca portata. In particolare nelle zone rurali, dove oggi e’ concentrata l’esplosione demografica, con 6/8 bambini per donna in media.
Gli americani, come avevano fatto venti anni prima con successo in America latina e in Asia, hanno provato, negli anni 1980, a promuovere delle politiche di controllo delle nascite. Ma la crisi economica e i piani di sistemazione strutturale hanno portato ad abbandonare questi impegni.
D. Le proiezioni delle Nazioni Unite, che considerano una moltiplicazione per sei della popolazione del Sahel entro il 2100, le paiono di un certo peso?
R. Nessuno di questi Paesi dispone di un registro di stato civile. Tutti i dati provengono quindi da recensioni ed indagini sul posto. Le Nazioni Unite riconoscono esse stesse la debolezza di queste fonti, in particolare per le migrazioni. Comunque sia, la tendenza e’ quella e, in materia demografica, ci vogliono cinquanta anni per cambiare indirizzo. I sei Paesi del Sahel sono su una traiettoria che porta la loro popolazione dagli 89 milioni del 2015 a 240 milioni nel 2050, e poi 540 milioni nel 2100. In questa logica, il Niger da solo avra’ a che fare con piu’ di 200 milioni di persone, contro la quindicina di oggi. Si riesce ad immaginare che il Sahel sara’ all’origine di un terzo della crescita della popolazione mondiale? Il Sahel e’ una bomba demografica.
D. Il fatto che il Sahel sia spesso percepito come uno spazio sotto-popolato, gioca un ruolo in questa inerzia?
R. Certamente. Ma era vero cinquanta anni fa ed oggi non e’ piu’ cosi’. I vincoli ambientali sono gravi, perche’ il clima e’ arido o semi-arido, il suolo e’ poco fertile. E numerosi terreni sono gia’ arrivati a saturazione. La rivalita’ tra allevatori e agricoltori si e’ intensificata, i conflitti si moltiplicano, essenzialmente in Burkina Faso e in Mauritania. L’arrivo di grandi investitori che comprano delle superficie importanti, acutizza queste tensioni. Per fortuna, in Niger, dove la situazione demografica d’ piu’ critica, ci sono ancora delle terre che possono essere coltivate. Non bisogna pensare tuttavia che questo sara’ sufficiente. Non ci sara’ sufficiente spazio e risorse per tutti.
Nel 1975, l’Africa del Sud aveva calcolato che oltre gli 80 milioni di abitanti, avrebbe dovuto far fronte a pensati problemi di risorse idriche. E’ per questo che essa ha adottato un proprio programma di pianificazione famigliare. Ha anche anticipato per i prossimi cento anni cio’ che deve fare.
D. La situazione del Sahel non e’ comparabile a quella dell’Africa del Sud…
R. Solo la dispersione su dei vasti territori rende le cose piu’ difficili. Ma noi sappiamo come fare: la tecnica piu’ efficace, e provata dovunque nel mondo, e’ di dare accesso alla contraccezione femminile, visitando le donne ogni trimestre o convincendole ad andare nei centri sanitari piu’ vicini. In Africa, il Kenya, il Ghana, lo Zimbabwe o il Madagascar, per citare solo qualche Paese, sono riusciti a farlo. Anche in un Paese in rovina, che non si occupa delle donne, che non da' loro possibilita’ di scelta, i risultati ci sono. L’alto degrado dell’educazione non aiuta, ma non e’ un fattore insormontabile.
Il Bangladesh e’ riuscito a far calare il suo tasso di fecondita’ delle donne non educate, dominate dai loro mariti con delle strutture patriarcali molto dure e molto islamiche. L’islam (tutti Paesi della regione sono a maggioranza musulmana, con l’eccezione del Burkina Faso) non e’ un handicap. Anche in Iran, il regime degli ayatollah ha fatto meglio di quello del Ciad ed ha indotto una transizione demografica molto rapida,
D. Bisogna agire, che succedera’?
R. Basta guardare cio’ che gia’ accade. Le persone partono. Nella Storia, la sovrapopolazione e’ sempre stata risolta nello stesso modo: partenze, guerre, fame, epidemie. L’esperienza europea puo’ essere qui ricordata. Alla fine del XIX secolo e all'inizio del XX, circa 50 milioni di persone migrarono massicciamente verso le Americhe per ragioni simili ai migranti del Sahel. Bisogna ricordarsi della forte crisi alimentare in Irlanda con quella che e’ stata chiamata “la fame della patata”. Ma la situazione era diversa: le Americhe avevano bisogno di mano d’opera per il loro sviluppo ed hanno quindi favorito le migrazioni per lavoro, senza parlare del fatto che le popolazioni in partenza e in arrivo erano della stessa cultura europea e della stessa religione cristiana. Oggi le frontiere si chiudono ovunque. In Africa del Sud, il Pese piu’ ricco del continente, dei movimenti anti-immigrati gia’ esistono. Dove dovranno andare queste genti? Da 3 e 5 milioni di persone hanno lasciato il Sahel dopo le indipendenze. Esse saranno probabilmente intorno ai 40 milioni entro la fine del secolo. Questo pone dei problemi di un altro livello che bisogna essere in grado di gestire. Pertanto, i Paesi occidentali e l’Europa in particolare, che e’ suscettibile di dover accoglierne un grande numero, fanno come se il problema non esistesse. Organizzare delle politiche di pianificazione famigliare dovrebbe pertanto essere una delle priorita’. Parlare di sviluppo durevole, continuando a mettere da parte la questione demografica, e’ una cosa insensata.

(intervista di Laurence Caramel, pubblicata sul quotidiano Le Monde del 17/01/2017)
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