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L'Europa e' in una situazione molto debole. Robert D.Kaplan
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Articolo di Redazione
6 maggio 2017 14:31
 
 Robert D.Kaplan (New York, 1952), redattore di Atlantic Monthly e collaboratore di The Washington Post, The New York Times, The Wall Street Journal… ha scritto uno dei libri piu’ influenti degli anni Novanta… a malincuore. Quando ha pubblicato “Balkan Ghosts: A Journey Through History” (Fantasmi Balcanici: un viaggio attraverso la storia), il presidente dell’epoca Bill Clinton lo lesse e si convinse che i conflitti nella ex-Yugoslavia erano talmente radicati in odi eterni, che non ci poteva essere rimedio. Alcuni analisti affermano che quella lettura determino’ la decisione statunitense di non intervenire in merito al massacro di Srebrenica. Da allora, Kaplan ha pubblicato un pugno di opere in cui mescola letteratura di viaggi con analisi politiche, che si sono trasformate in un classico del giornalismo, come “Eastward to Tartary: Travels in the Balkans, the Middle East, and the Caucasus” (Verso est fino alla Tartaria: viaggi nei Balcani, in Medio Oriente e nel Caucaso) o “An Empire Wilderness: Travels into America's Future” (Una regione selvaggia dell'Impero: viaggi nel futuro dell'America). Di recente ha pubblicato “In Europe’s Shadow: Two Cold Wars and a Thirty-Year Journey. Through Romania and Beyond” (All’ombra dell’Europa: due guerre fredde e un viaggio trentennale. Attraverso la Romania e oltre), un viaggio storico e personale attraverso un Paese che si trova al centro della storia europea.
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D. Crede che il dittatore rumeno Nicolae Ceausescu sia stato l’ultimo tiranno neroniano d’Europa e potrebbe nuovamente tornare una figura del genere?
R. Mai dire mai. Tutto e’ possibile nella storia. L’era digitale stimola nuove forme di autoritarismo, perche’ la gente riceve tanti stimoli, tanti messaggi, che diventano necessariamente per essere una verita’ unica, qualcosa a cui sottomettersi.
D. L’Ungheria e’ uno dei Paesi che tratta nel suo libro. Potrebbe trasformarsi in un regime autoritario?
R. Si sta muovendo in questa direzione, perche’ il governo di Viktor Orban si sta avvicinando molto a Putin, sta condizionando i tribunali, i media, e ci sono gia’ molte manifestazioni di autoritarismo. Ha appena introdotto leggi il cui obiettivo e’ chiudere l’Universita’ del Centroeuropa, e questo credo che rappresenti un passo spedito e molto significativo, perche’ questa universita’ era un simbolo dell’influenza europea in Ungheria, delle societa’ aperte. Nel tentativo di controllarla, il messaggio che sia Orban che Putin vogliono lanciare, e’ la dimostrazione che l’Occidente e’ debole.
D. Nel suo saggio parla molto di Cioran e Eliade, due intellettuali straordinariamente intelligenti e influenti, che in un momento della loro vita abbracciarono il fascismo rumeno e l’antisemitismo. E’ una tentazione che continua ad esistere nell’Europa attuale?
R. In Romania, negli anni trenta molti intellettuali furono affascinati dalla Guardia di Ferro, un movimento fascista. Pensi a tutti gli intellettuali tedeschi che abbracciarono il nazismo, con soprattutto Martin Heidegger. Esiste un modello di regimi autoritari che riceve appoggio dagli intellettuali, talvolta si deve al fascino per il potere. A differenza di quanto affermato da Francis Fukuyama, la storia non e’ finita. Si e’ prodotta questa illusione quando e’ caduto il muro di Berlino, l’idea che la democrazia e la globalizzazione stavano per unire il mondo. Ma proprio perche’ il mondo e’ molto integrato, e’ piu’ instabile, perche’ esistono molti punti di frizione.
D. Bucarest negli anni trenta era una delle citta’ piu’ importanti d’Europa… Ma, dopo la II Guerra Mondiale, dopo due regimi comunisti devastanti, ha fatto un passo indietro gigante. Potrebbe riprodursi un ritorno indietro, anche se non cosi’ radicale, in Usa in Ungheria?
R. In Ungheria si'; in Usa e’ molto difficile perche’ ci sono istituzioni molto forti, tribunali, il Congresso ed una rete legale molto solida. Questo gia’ lo abbiamo visto: per ora Trump non ha cercato di cambiare nulla. Questa e’ la forza delle istituzioni statunitensi; possiamo avere presidenti pessimi, distruttivi, ma non possiamo virare fino ad una dittatura.
D. Lei ha scritto un grande libro di viaggi negli anni Novanta in cui ha intuito molti dei problemi che ora ci sono e che Trump incarna…
R. Ho appena pubblicato un altro libro in lingua inglese, non ancora tradotto. Il libro a cui le si riferisce l’avevo scritto prima dell’elezione di Trump, ma gia’ preannunciava qualcosa. Nel primo libro parlo molto delle relazioni col Messico e della frontiera. La mia teoria e’ che questa frontiera puo’ influenzare piu’ di ogni altra questione interna, nel modo in cui gli Usa si stanno sviluppando come societa’.
D. Lei a suo tempo si e’ molto occupato di Balcani. Si possono vedere dei parallelismi con quello che e’ accaduto in Bosnia e la guerra in Siria?
R. Credo che tra la ex-Yugoslavia e la Siria ci siano enormi differenze. La Siria e’ un Paese molto debole e instabile. La distruzione della classe intellettuale in Siria da parte di Hafez el Asad, il padre di Bachar el Asad, fu molto piu’ devastante che non quanto fece Tito. E’, tuttavia, una situazione molto estrema. La Siria dispone di armi chimiche, ha il terrorismo islamico.. Non era cosi’ nella ex-Yugoslavia. E’ un problema molto difficile. La ex-Yugoslavia e’ stata molto piu’ vicina alla Nato, in cui in seguito sono entrate due sue ex-repubbliche, Slovenia e Croazia. E si puo’ raggiungere un accordo con la Serbia. Questo non e’ il caso della Siria. Comunque, la differenza piu’ importante e’ che la guerra nei Balcani emerse in un momento in cui la Russia era debole, era anch’essa ai limiti del caos. La crisi della Siria invece si e’ manifestata nel momento in cui la Russia e’ molto piu’ forte, con un dittatore molto attivo, Vladimir Putin, che e’ molto piu’ potente di quanto all’epoca era Yeltsin.
D. Questa Russia forte e’ anche un pericolo per l’Europa?
R. La situazione in Europa e’ molto peggiore di quanto poteva essere una decina di anni fa. Molti Paesi del’est e del centro Europa stanno seguendo un cammino molto pericoloso. Ungheria e Polonia si stanno muovendo in direzione del populismo e dell’autoritarismo; molte delle repubbliche della ex-Yugoslavia, Grecia e Bulgaria sono in una situazione economica disperata. In Francia, accada quel che accada, le elezioni hanno dimostrato che il potere dell’estrema destra e’ maggiore di quanto si sarebbe potuto immaginare alcuni anni fa; la crisi in una banca italiana puo’ mettere in pericolo l’euro. E la Russia sta praticando una forma di imperialismo, dagli Stati baltici fino alla Siria: compra politici, si infiltra nel crimine organizzato, dirige operazioni di spionaggio. La Russia sta praticando una forma di imperialismo tradizionale, anche se nega tutto. L’Europa e’ molto debole.

(intervista di Guillermo Altares, pubblicata sul quotidiano El Pais del 06/05/2017)
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