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I fatti possono ancora sconfiggere l'ignoranza populista, i liberali non ci rinuncino
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Articolo di Redazione
21 marzo 2017 6:04
 
Questi sono tempi difficili per i valori liberali, come già è stato ampiamente notato. Di fronte all'ondata populista, molti liberali sono avvolti dal pessimismo sulla capacità della logica, della ragione e dell'evidenza scientifica di influenzare l'opinione pubblica.
La discussione si sposta spesso sullo studio della psicologia quando ci dimostra che presentare i fatti nell'ambito di un dibattito politico ha un impatto limitato sulla persona comune. Si parla sempre più spesso dell'effetto "rinculo", per cui confutare i pregiudizi serve solo a rafforzarli, rendendo quei falsi miti ancora più rilevanti. Ecco che ogni esercizio di fact-checking si rivela una perdita di tempo ("cibo di consolazione per i liberali di sinistra", come li definisce Rob Ford dell'Università di Manchester) o ancor peggio controproducente.
La tecnologia non sembra aiutare. I social media spingono le persone a imbrancarsi in contenitori ermetici di (dis)informazione, ad ascoltare solo ciò che vogliono sentire, e a gonfiare la bolla ideologica che li contiene. Le fonti autorevoli tradizionali sono disprezzate. Veniamo ammoniti che quando le "elites" parlano di errori nella percezione comune appaiono condiscendenti. Alcuni ritengono che segnalare il contenuto razzista di opinioni e politiche serve solo a spingere le masse estraniate nel recinto del populismo.
Che fare quindi? Come possono i politici progressisti e gli esperti trasmettere i fatti su materie politicizzate, che sia l'impatto economico dell'immigrazione, i numeri sui beneficiati dallo stato sociale, la scienza sul cambiamento climatico, la sicurezza dei vaccini o i benefici del libero mercato? Come possiamo assicurarci che le decisioni politiche e il voto non si basino sul pregiudizio e il mito, ma su un briciolo di evidenza e analisi seria?
Forse i liberali dovrebbero dimenticarsi dei fatti e lasciarsi trasportare dalla corrente populista. In questa visione del mondo, la miglior speranza dei progressisti sta nel coccolare questi "sentimenti" popolari, cercando nel contempo di portare la nave su una rotta più vagamente liberale.
Ma questa ricetta è pericolosa. Quando le falsità in un dibattito pubblico non vengono sconfessate, non solo continuano a esistere, ma si diffondono ancor di più. Il cancro diventa metastasi. Una cultura anti-intellettuale è destinata a diventare terreno fertile di intolleranza e fanatismo. In questa arena, quasi sempre i lupi populisti sono molto più abili dei liberali che si travestono da lupi. E poi c'è un modo migliore. Ci sono altri studi accademici che indicano come i liberali possono respingere quest'onda travolgente.
Christina Boswell e Hames Hampshire hanno notato come il dibattito pubblico sull'immigrazione in Germania abbia subito una trasformazione tra il 2000 e il 2008. I socialdemocratici hanno sì utilizzato le solite argomentazioni sui benefici dell'immigrazione, ma lo hanno fatto unendoli ad una campagna per promuovere narrative positive sull'immigrazione e il suo posto nella storia del Paese per contrastare percezioni radicate di una Germania kein Einwanderungsland ("non un Paese di immigrati"). Questo doppio approccio è stato largamente efficace nel cambiare la percezione, culminando nella generosa decisione del Governo cristiano-democratico di Angela Merkel di accogliere i rifugiati siriani nell'estate del 2015.
Al contrario, in Gran Bretagna i Laburisti hanno iniziato a parlare di "posti di lavoro britannici per lavoratori britannici", e non hanno mai contrastato seriamente la misera narrativa dominante dei tabloid sull'immigrazione come fardello economico e pericolo culturale, con l'effetto probabile di aver aperto le porte all'attuale rigurgito xenofobo legato alla Brexit. 
Eric Kaufmann del Birkbeck College London fa notare come la forza dei partiti populisti in Europa sia legata alla grandezza delle comunità musulmane nei rispettivi Paesi. Ma le indagini demoscopiche dimostrano come gli europei siano spesso profondamente disinformati sul flusso migratorio reale e il tasso di natalità dei musulmani.
Campagne pubbliche di informazione potrebbero essere d'aiuto. Gli studi di Alexis Grigorieff, Christopher Roth e Diego Ubfal su un ampio campione di europei e statunitensi ha dimostrato che, una volta informati sui numeri reali dell'immigrazione in contrasto alla loro percezione grossolanamente esagerata, veniva affievolita la retorica contro l'eccessivo numero di nuovi arrivati. Anche i fatti possono quindi avere un impatto.
Ci sono altre fonti di speranza. In un recente saggio, Tim Harford del Financial Times ha messo in luce che un modo per aprire la mente del pubblico all'evidenza e bypassare così i loro pregiudizi politici è quello di fare appello al loro senso di curiosità scientifica. Non è semplice, ma può esser fatto.
Tutto questo ci suggerisce che il pessimismo sull'efficacia persuasiva dei fatti e dell'evidenza scientifica può essere ingiustificata; molte persone possono ancora essere convinte con la ragione. I politici liberali, i ricercatori e gli attivisti non dovrebbero deporre le loro armi "illuminate" di fronte al populismo rabbioso e distruttivo. Piuttosto dovrebbero brandire quelle armi più efficacemente.

(Editoriale di Ben Chu pubblicato sul quotidiano The Independent il 19 marzo 2017)
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