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Firenze, 25 maggio 2016 - che vergogna!
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Articolo di Annapaola Laldi
26 maggio 2016 9:30
 
 Amo Firenze oltre ogni dire. Anche se è stata prostituita alle grandi case di moda e simili, occhieggiando nei cui negozi ti capita di scambiare un manichino per una persona e viceversa - tanto sono tutti e due – manichino e persona – atteggiati in pose falsamente naturali.
Amo Firenze e ne ho dato testimonianza più volte in questa rubrica, per esempio sei anni fa con Il piacere di frequentare Firenze , sicché mi ferisce veramente tanto e nel profondo quanto è successo stamani sul lungarno Torrigiani, quasi davanti alla preziosa Chiesa evangelica luterana. La voragine aperta su uno dei tratti più belli dei lungarni fiorentini è un’onta per la città e i suoi cittadini e un’accusa perentoria e senza scampo contro, mi spiace dirlo, chi l’amministra adesso e l’ha amministrata nel passato. Come si fa, mi domando, a non tenere sotto stretto monitoraggio le condotte di un acquedotto che non solo fornisce l’acqua a una città di circa quattrocentomila abitanti con enormi flussi turistici, che aumentano il dispendio del cosiddetto “oro blu”, e non solo provvede anche a dissetare la vicina Prato (con altri circa duecentomila abitanti), ma, anche e non da ultimo, si snoda sotto strade famose in tutto il mondo, come è appunto il lungarno Torrigiani, di cui tantissime persone possono ignorare il nome, ma non certo la vista di Ponte Vecchio. Davvero: come si fa?
E’ voce comune che gli acquedotti delle nostre città grandi e piccole, settentrionali, centrali, meridionali e insulari, siano dei veri colabrodo, e io posso testimoniare personalmente che certo le cose bene non vanno, perché da parecchio tempo più volte all’anno mi è toccato chiamare, nel comune dove abito o a Firenze, il gestore dell’acquedotto o i vigili del fuoco per segnalare una perdita evidente su un marciapiede o in mezzo a una carreggiata (come hanno fatto l'altra notte alcuni cittadini per l’allagamento del lungarno prima dello sprofondamento). Ma non si può più accettare questo dis-ordine delle cose. E, se con ci sarà un intervento incisivo delle autorità cittadine, ben venga l’inchiesta della Magistratura che vada a ricercare di chi sono le responsabilità e con rigore inchiodi a esse chiunque risulti essere all’origine, con la sua superficialità e incompetenza, di quanto è accaduto.
Proprio ieri, alla radio (mi pare fosse la trasmissione “Voci del mattino”), un esperto intervistato sui danni del terremoto del Molise del 2002 diceva quanto sia miope e costoso l’atteggiamento di chi non intende fare prevenzione, perché riparare i danni di un evento della natura come un terremoto è almeno dieci volte più costoso che non agire prima per contenerli. E a me veniva in mente, come corollario, che oltre ai danni materiali, che peraltro mai saranno risarciti al cento per cento, ci sono i danni morali, i danni che si abbattono sulla sfera emotiva, che creano ferite assolutamente non rimarginabili, e quindi una situazione generale di enorme malessere che non giova né ai singoli né alla società nel suo insieme. Quando poi tutto, ma proprio tutto dipende dall’incoscienza dei politici e dei tecnici addetti a quel dato compito, allora l’insopportabilità del danno subìto (materiale e morale) è al massimo, e rabbia, dolore, delusione, desiderio di rivalsa e senso di abbandono si mescolano a formare un magma pericoloso per tutti, singoli e collettività, come già osservato.
Facciamo pressione, dunque, anche attraverso i mezzi che la Rete ci offre, perché questa cosa non passi nel dimenticatoio e, messa l’ennesima toppa in questo acquedotto che credo vetusto, ci si metta ad aspettare la prossima falla, facendo, invece del proprio inderogabile dovere di controllo e di intervento, i debiti scongiuri e raccomandandosi ciascuno al proprio santo in paradiso. 

Qui come fare per chi ha ricevuto danni e intende chiedere il rimborso
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