E' una sentenza che, pur avendo a riferimento solo norme di diritto in assoluto e alcuna giurisprudenza, puo' essere analizzata solo se facciamo riferimento a leggi specifiche di Paesi diversi dall'Italia, come, per esempio, l'Olanda, il Canada e alcuni degli Stati degli Usa come la California. Questo a significare che non si tratta della bizzarria di un magistrato in cerca di nuovismo, ma di una tendenza medico-scientifica che trova sostanza gia' in leggi di Paesi con cui l'Italia abitualmente collabora. La cannabis e' curativa! Ed ha i suoi effetti anche dove non si riescono ad ottenere risultati con altri farmaci gia' riconosciuti e facenti parti della farmacopea. Sicuramente la cannabis e' piu' conosciuta per il suo uso ricreativo, ma cio' non toglie nulla ai suoi effetti in campo medico. E se qualcuno continua ad osteggiarla per il timore che i propri ragazzi vadano in farmacia a comprarsene qualche grammo, gli ricordiamo che sta solo ponendo dei limiti a dei farmaci palliativi con risultati riconosciuti a fronte di un uso (quello ricreativo) che provoca meno danni del tabacco e dell'alcool.
In Parlamento ci sono gia' delle proposte di legge depositate che intendono legalizzare l'uso della cannabis a scopi terapeutici, anche da parte di deputati dell'attuale maggioranza di Governo (on. Gianfranco Blasi di Forza Italia), per cui il legislatore non ha neanche tante scuse per non affrontare la questione. L'alternativa e' continuare a sperare che esistano giudici come quello di Venezia? Ci auguriamo di no, perche' non ci conforta tanto il fatto che i diritti sanciti dalla Costituzione, per essere esercitati abbiano bisogno sempre di un giudice che li riaffermi. Specialmente quando si tratta di diritti sanitari, dove la necessita' dell'urgenza spesso puo' essere motivo per cui, anche un diritto riconosciuto a posteriori, diventa inutile.