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Italia. Tossicodipendenti e carcere: detenuti intervistano un direttore del Ser.T
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Articolo di Donatella Poretti
12 settembre 2001 16:45
 
Il carcere di Padova Due Palazzi e' da anni all'avanguardia nei progetti giornalistici per detenuti, dal Tg2 Palazzi (un telegiornale realizzato e diffuso all'interno del carcere) al sito Internet clicca qui realizzato dal Centro di Documentazione Due Palazzi, che da quattro anni esiste all'interno della Casa di Reclusione di Padova. Nel sito si puo' trovare "Ristretti Orizzonti", il giornale del carcere "Due Palazzi" di Padova e di quello femminile della Giudecca di Venezia.
Nel numero di luglio 2001 i detenuti hanno intervistato Antonio Stivanello, direttore del Ser.T. 2 di Padova sull'assistenza ai tossicodipendenti detenuti e sulle opportunita' di accedere alle misure alternative. L'intervista che riportiamo integralmente ha degli spunti interessanti per diversi motivi: i detenuti chiedono conto del funzionamento di strutture e di modalita' che troppo spesso sono dei diritti solo sulla carta, scritti nelle leggi, che poi non riescono a trovare applicazione nella pratica. I Ser.T. cui spetta la realizzazione dei programmi alternativi alla detenzione penitenziaria, spesso sono inadeguati sia da un punto di vista del personale che da un punto di vista economico. Tutto e' in balia della buona volonta' del direttore di un Ser.T. rispetto alla vita e al futuro di detenuti che sono anche tossicodipendenti.
Sulle terapie metadoniche, sulla possibilita' di pene alternative, sui supporti psicologici e medici in generale, ogni carcere e' un'isola a se' stante, ma perfino all'interno dello stesso penitenziario ogni detenuto, a seconda della sua residenza e della sua cittadinanza, ha un trattamento diverso. Cosi' si scopre che un detenuto del carcere di Padova per poter accedere a misure alternative ha bisogno che il Ser.T. della sua citta' di residenza gli fornisca un programma, un Ser.T. che non ha alcun contatto diretto con il tossicodipendente-detenuto e che tranquillamente puo' non fornire alcun programma per mancanza di finanziamenti, o ancor peggio di volonta'. Cosi' si puo' anche scoprire che un tossicodipendente extracomunitario senza fissa dimora puo' avere la terapia metadonica ma non puo' accedere ad alcuna Comunita' di recupero, perche' nessuna Regione ha in carico l'extracomunitario e di conseguenza nessuna Regione paghera' la sua retta alla Comunita'.
Discrezionalita', casualita' ed emergenza sono alla base di una risposta medica e di assistenza sanitaria a chi si trova tossicodipendente in carcere.

"Ristretti Orizzonti" intervista con Antonio Stivanello, direttore del Ser.T. 2 di Padova, parliamo dell'assistenza ai tossicodipendenti detenuti e delle opportunita' di accesso alle misure alternative alla detenzione

Ristretti
Recentemente abbiamo incontrato il dirigente sanitario dell'Istituto, al quale abbiamo chiesto informazioni anche sulla presenza del Ser.T. in questo carcere. Ci ha detto che la vostra presenza e' limitata perche' avete deciso di occuparvi solo dei tossicodipendenti attivi, cioe' di coloro che sono in terapia metadonica. Questa informazione e' esatta o abbiamo capito male?

Antonio Stivanello
La tossicodipendenza e' considerata, a livello dell'Organizzazione Mondiale della Sanita', una malattia cronica recidivante, quindi quello che e' un tossicodipendente lo rimane per tutta la vita.
Puo' avere delle fasi di non ricaduta, piu' o meno lunghe, ma prima o poi qualunque tossicodipendente potrebbe ricadere.
Io, come medico delle tossicodipendenze, ti curo solo se hai un problema di tossicodipendenza. Se hai un'altra malattia, ti rivolgi a un medico diverso, il medico di base, il medico del distretto, e solo per quanto riguardala la tossicodipendenza, il metadone, le patologie strettamente correlate, vieni da me.
Anche per queste patologie correlate, come l'epatite, l'AIDS, io ti posso seguire, ma e' meglio se c'e' un infettivologo. Nel momento in cui abbiamo preso in mano la situazione delle tossicodipendenze nelle carceri di Padova, abbiamo detto questo: "Se nel Circondariale entrano tre tossicodipendenti al giorno, qui al Penale ne entra uno alla settimana"
I tre che entrano al Circondariale, hanno due problemi diversi. Un terzo di loro sono gia' seguiti da un Ser.T., o dal nostro, o da un altro. In questo caso non c'e' un grosso problema, perche' mi basta fare una telefonata per sapere quanto metadone prendevano, se erano 30, continuiamo a dargliene 30. Il problema piu' grosso ce l'hanno quelli che non sono mai andati ad un Ser.T.: in questo caso, bisogna cercare di fare una diagnosi. Per capire se e' tossicodipendente, se non lo e', se dargli il metadone. Quindi c'e' un lavoro notevole, sia per il medico che per lo psicologo, perche' quando uno entra in carcere ed e' ancora in una fase di tossicodipendenza attiva non ha tanta voglia di parlare, ha bisogno di avere una copertura sanitaria immediata, per non stare male.
Tra quelli che entrano al Penale, sono pochissimi coloro che non hanno gia' contatti con il Ser.T. perche', o l'hanno avuto al Circondariale, oppure entrano perche' definitivi erano gia' in contatto con i Ser.T. all'esterno. Quindi, da un punto di vista sanitario, anche se al Penale arriva un "nuovo giunto", e' probabile che l'eroina non la usi piu' da un paio d'anni. Con loro il mio compito, da un punto di vista sanitario, e' piu' leggero, non occorre che io lo veda in ogni minuto.

Ristretti
Le richieste che vengono dai detenuti (oltre ai farmaci) sono prevalentemente due, una riguarda l'assistenza psicologica, e l'altra la redazione dei programmi di trattamento, perche' spesso che le persone dicono: "Sono gia' nei termini per l'affidamento, ma non posso andarci, perche' manca il programma del Ser.T.".

Antonio Stivanello
Quello del programma e' un problema che non c'entra nulla con il discorso di tipo sanitario, per fare un programma ho bisogno di altre cose. Per prima cosa ho bisogno di sapere che la persona e' davvero tossicodipendente. Perche' lui lo dice, ma io non lo so con certezza. Se lui era seguito dal mio Ser.T., in questo caso non ci sono problemi. Anche se era seguito dal Ser.T. di Catania non ci sono problemi. Se quando e' entrato in carcere si e' dichiarato tossicodipendente e ha fatto un trattamento, anche in questo caso non ci sono problemi, perche' il certificato di tossicodipendenza glielo fa il medico del carcere.
Il problema c'e' quando una persona dice: "Tre anni fa ero tossicodipendente, sono entrato in carcere ma non lo ho dichiarato". Qui diventa difficile fargli la dichiarazione di tossicodipendenza. Questo per quanto riguarda la certificazione.
Per quanto riguarda il programma, anche qui ci sono due possibilita'. Prima possibilita': la persona e' di Padova, ed ha la residenza Padova: il programma dobbiamo farlo noi e dobbiamo assumerci la spesa per questo programma. In questo caso le cose sono veloci, quando io ho visto una volta questa persona e so che ha bisogno del programma, gli propongo diverse soluzioni.
Se ha un fine pena lungo, gli propongo la comunita', perche' e' piu' facile che il magistrato gli conceda l'affidamento in comunita'. La persona puo' dirmi: "Io in una comunita' non ci vado, neanche morto". Allora ho un'altra alternativa, che deve prevedere i requisiti di un lavoro e di una casa. Gli chiedo: "Lei ha un lavoro e una casa?". Se mi risponde si', io le dico "mi mandi i suoi familiari", perche' e' gia' successo che uno ci abbia detto "io con i miei genitori vado d'accordissimo", e poi i genitori ci volevano denunciare perche' glielo abbiamo mandato a casa.
Per quanto riguarda il lavoro, c'e' lo stesso problema, se lei mi dice "Io ho sempre lavorato con mio fratello, che fa il meccanico, e mio fratello e' dispostissimo ad assumermi", io le dico: "Mi mandi suo fratello, perche' deve farmi questa dichiarazione". Poi dico fratello "abbiamo un programma, prevede che venga al Ser.T. una volta alla settimana a fare le urine, che andra' ad abitare che dai genitori e che fara' questo tipo di lavoro con lei".
Altrimenti la persona tossicodipendente deve avere un avvocato, allora attraverso l'avvocato ci chiedono la relazione, che noi mandiamo per fax, e l'avvocato poi si arrangia ad inoltrarla.
Ma c'e' un'altra condizione, quando la persona mi dice "Non ho la casa, ma non voglio nemmeno andare in comunita'".
In questo caso noi abbiamo altre soluzioni, ad esempio degli appartamenti, ma piu' la situazione si complica, piu' e' difficile trovare una via d'uscita da carcere. Bisogna rivolgersi alla Tina Ceccarelli, che ha due o tre appartamenti: nel momento in cui ci sono dei posti liberi mandiamo qualcuno, che poi lavora dove ora c'e' disponibilita', alla Cooperativa Solidarieta', che e' un'impresa di pulizie.
Nel momento in cui questa persona va a lavorare alla Cooperativa Solidarieta', se trova una diversa offerta di lavoro, io certamente non mi offendo, anzi sono contento, perche' gli faccio un cambio di programma e questo posto si libera, per un altro. Abbiamo l'esempio di una ragazza, che e' uscita da Rovigo, e' andata a lavorare alla Solidarieta', e' rimasta due giorni e mezzo e il terzo ha trovato un altro lavoro, come cameriera. Lei si diverte di piu', guadagna certamente di piu', e siamo tutti contenti.
Tutto questo vale finche' la persona e' di Padova. Se la persona e' di Vicenza, io non posso dirle "Tu vai in una comunita', devo prima sentire il Ser.T. di Vicenza. Alloro dico: "Ci sarebbe questo detenuto, e' nelle condizioni per andare in misura alternativa, cosa volete che facciamo? Se il programma glielo faccio io, voi poi vi assumete il costo di questo programma?".
Gli operatori e del Ser.T. di Vicenza, possono decidere due cose: se vogliono che il programma lo facciamo noi, e poi loro lo pagano, oppure se vogliono farselo loro. Il Ser.T. di Trieste, o quello di Roma dice sicuramente "fatevelo voi" Il Ser.T. di Monselice, puo' dire quello la' io lo conosco e vengo a farglielo direttamente.
Il problema puo' nascere perche' nel momento in cui io ho attivato il meccanismo, cioe' ho detto al Ser.T. di Belluno, ad esempio, che c'e' questa persona da incontrare, poi spetta a loro fare il passo successivo: anche se il detenuto, ogni quindici giorni, viene da me a chiedere perche' il programma non viene fatto, io piu' che telefonare e sollecitare il Ser.T. di Belluno non posso fare. Io non posso piu' fare il programma al posto suo. Non posso piu' mandare il tossicodipendente in una comunita', perche', se lo mando, il Ser.T. di Belluno puo' dirmi "Va bene, allora pagategliela voi".

Ristretti
In genere, se una persona e' in carico ad un Ser.T. lo sa benissimo. Come succede alla Giudecca, dove ci sono molte donne tossicodipendenti, a volte mi chiedono di telefonare al Ser.T., deve magari le conoscono benissimo e conoscono la loro situazione, ma a volte non danno la disponibilita', perche' magari avevano gia' un programma e non lo hanno rispettato.

Antonio Stivanello
La situazione peggiore e', invece, di quello che non e' mai andato il Ser.T.: non conosce nessuno e non scrive al Ser.T., scrive a me, perche' sa che mi occupo di carcere e, all'interno del carcere, le voci circolano, cosi' mi scrive anche chi non dovrebbe.
Oltre a tutto questo, c'e' un'altra questione, chi e' quella delle comunita'. Molti detenuti, dopo aver scritto al Ser.T., senza avere risposte, si rivolgono direttamente alle comunita'. Dalla comunita' rispondono che sono disponibili a prendere le persone, perche' nel momento in cui le prendano loro hanno anche la retta. E' molto difficile che una comunita' dica di no. A questo punto un nasce un altro problema, perche' il tossicodipendente non capisce come mai, se la comunita' e' disposta a prenderlo, non si muove nulla e non riesce ad andarci. Magari il problema e' che il suo Ser.T. non ha piu' i soldi per pagare questa comunita', oppure deve fare una sua valutazione, perche' magari dice "Questo l'ho gia' mandato sette volte in comunita', non gli paghiamo anche l'ottava". Cosi' si crea una situazione di tensione o, comunque, di notevole malessere.
Voi sapete che la regione da' i soldi sulla base di alcuni criteri: uno di questi e' la popolazione, e va bene. Un altro criterio e' che i finanziamenti maggiori arrivano alle zone pedemontane e nelle isole. Noi abbiamo delle esigenze maggiori, rispetto al Ser.T. di Monselice, ad esempio, anche in base alla popolazione, perche' abbiamo un carcere. Se io ho un finanziamento sufficiente a garantire il ricovero in comunita' per i tossicodipendenti di Padova, mi trovo in difficolta' quando, a quelli presenti sul territorio, si aggiungono quelli in carcere, dove ovviamente la percentuale di tossicodipendenti e' maggiore, rispetto alla citta'.

Ristretti
Quando la regione attribuisce i finanziamenti, non prevede in alcun calcolo la presenza del carcere nel territorio?

Antonio Stivanello
No, i costi sanitari maggiori sono calcolati solo rispetto alle isole e alla pedemontana perche', ad esempio, un'autoambulanza ha un costo maggiore se deve andare via mare.
Se abbiamo due detenuti, uno di Padova e uno di Verona, io faccio piu' volentieri il programma a quello di Padova, perche' prima o poi lui esce e, se non ha la casa e il lavoro adesso, non li avra' nemmeno quando esce. Siccome io mi occupo di carcere e anche di bassa soglia, lo lascio come carcere, ma lo ritrovo come bassa soglia, fuori. Cosi' e' meglio provare a fare un programma adesso, perche' con una scusa che e' in alternativa alla pena, quindi che e' un po' piu' controllato, chissa' che non me lo perdo anche come bassa soglia: inizio il programma e, magari, attraverso questo programma si sistema. Con quello di Verona invece, faccio piu' fatica, perche' come faccio a mettere in conto al Ser.T. di Verona anche la casa e il lavoro? E' difficile che lo faccia andare in un appartamento, che era organizzato per Padova, e alla Cooperativa Solidarieta'. Anche perche' poi, finito questo percorso, lui dove va? Torna Verona. Allora dev'essere Verona che organizza questa cosa e, per quanto si pensi, noi abbiamo un'organizzazione che e' infinitamente superiore a quella degli altri Ser.T.. Aspettarsi che un Ser.T. periferico, come quello di Treviso o di Belluno abbia la possibilita' di trovare un appartamento e un lavoro per chi e' in carcere, e' praticamente impossibile, non c'e' quasi mai successo.
Gli stranieri hanno qualche problema in piu'. Voi sapete che adesso gli stranieri hanno diritto all'assistenza anche per quanto riguarda la tossicodipendenza, anche se sono irregolari. Prima, se uno veniva al Ser.T. e diceva "Io sono un extracomunitario, senza fissa dimora", io non potevo dargli il metadone. Oggi posso dargli il metadone, ce l'ha il giorno stesso, e continua a prenderlo: ha diritto all'assistenza per quanto riguardala la prevenzione la cura e la riabilitazione. Sembrerebbe tutto chiaro, invece non e' cosi'.
Perche', quando la regione distribuisce le varie quote alle ASL, stabilisce che queste quote siano per i residenti nella regione. La regione non riconoscere ai Ser.T. il pagamento delle rette in comunita' per gli extracomunitari non residenti.
Gli italiani, per la maggior parte, hanno una casa e una famiglia, quindi un posto per dormire e magari un lavoretto. Se invece uno e' extracomunitario, senza fissa dimora, non ha un posto per dormire, ne' un lavoro. Allora, l'unica possibilita' di ottenere una misura alternativa, di fatto, e' quella della comunita'. Ma a lui la comunita' non gliela pagano, quindi questo per noi e' un grossissimo problema che, prima, abbiamo sollevato a livello verbale e, adesso, lo stiamo facendo per scritto, perche' la regione non ha ancora assunto una posizione chiara in proposito.

Ristretti
Avete preso, con la regione, una posizione ufficiale al riguardo?

Antonio Stivanello
Quello che io ho chiesto e che i Servizi Sociali facciano una lettera, per chiedere una chiarificazione della Circolare Ministeriale n° 5 del 2000: se le comunita' vadano considerate "riabilitazione", oppure no.

Ristretti
Dite che, per quanto riguarda l'assistenza, i farmaci, li fornite anche agli irregolari. Recentemente e' uscito un articolo, sulla rivista del Gruppo Abele, nel quale si diceva che questa legge, in realta', viene applicata da pochissimi Ser.T.. Ad esempio, a Torino, e' soltanto uno il Ser.T. che da' effettivamente assistenza agli stranieri irregolari. C'e' una discrezionalita', in questo.

Antonio Stivanello
La discrezionalita' sta solo in questo: se viene da me uno che dice sono extracomunitario, non ho una residenza, io gli faccio fare l'esame delle urine, l'esame del sangue e, accertato che era tossicodipendente, stabilisco con lui quanto metadone gli e' necessario, quindi lui ha subito il metadone. In un altro Ser.T. gli fanno l'esame del sangue, l'esame delle urine, e gli dicono "per il metadone ripassa tra una settimana". In un altro Ser.T., di cui non faccio un nome, ma sempre in regione, e' successo che, a una ragazza di 45 anni, hanno chiesto di tornare accompagnata dai genitori, se voleva il metadone. Questa ragazza era fuori casa da 20 anni...
Questa e' la discrezionalita' e, all'interno di questa discrezionalita', io posso fare una grossa differenza.
Poi, c'e' un altro problema: io che vivo regolarmente in Italia ed ho un mio lavoro, ad un certo punto ho delle difficolta' fisiche, psicologiche, d'ambientamento, e comincio a fare uso di sostanze stupefacenti. E questo e' legato al fatto che ho delle ragioni psicologiche a monte, e' chiaro che devo avere una terapia non solo farmacologica, ma anche psicologica.
Ma se io sono venuto via dalla Tunisia perche' non avevo una lira, sono venuto in Italia per cercare un lavoro ma questo lavoro non lo trovo e dopo un po' trovo uno che mi dice: "se vendi un paio di bustine mangi", io vendo queste bustine e, siccome le ho in mano, prima o poi le provo. Ma quando le provo, mi metto nei guai, perche' poi c'e' la dipendenza fisica. In questo caso non ho bisogno del supporto psicologico, non ho bisogno di uno che mi parli della madre, della famiglia, ho bisogno soltanto di mettermi a posto dal punto di vista fisico e di un sostegno sociale, sotto forma di una casa, di un lavoro, di una sistemazione normale.

Ristretti
All'inizio, pero', lei diceva che la condizione di tossicodipendenza si caratterizza per la cronicita' e la recidiva, quindi uno puo' anche essere diventato veramente tossicodipendente

Antonio Stivanello
L'Organizzazione Mondiale della Sanita' e' composta da scienziati che si sono formati in Occidente e, il piu' delle volte, stanno economicamente bene. Se una persona la metti nella condizione che, l'unica cosa che puo' fare per vivere, e' quella di vendere sostanze stupefacenti, questa prima o poi potra' ricadere. Ma non e' una persona che rientra negli schemi di tossicodipendenza dell'Organizzazione Mondiale della Sanita'. Se, invece, questa persona ritorna in Tunisia, non cacciata, ma in una situazione piu' che decorosa, trova un lavoro in Tunisia e viene guardata, non come un rimpatriato con disonore, nel disprezzo, ma come uno che e' tornato perche' guadagna bene, perche' ha un lavoro e una casetta, questa non usera' piu' droga.

Ristretti
Il concetto di tossicodipendenza dell'Organizzazione Mondiale della Sanita' e' legato a una concezione tradizionale di tossicodipendente e non alle condizioni attuali degli stranieri immigrati.

Antonio Stivanello
Quando si parla di extracomunitari e di immigrati si dimentica di dire una cosa. C'e' una bella differenza tra l'immigrato che viene qua ed ha gia' un lavoro, da quello che viene con un gommone, all'avventura. In questo secondo caso vuol dire che ha alle spalle una situazione che puo' essere di due tipi: o e' disastrosa dal punto di vista politico o sociale, oppure che e' arrivato ad un livello totale di incapacita' a sostenersi dal punto di vista alimentare, per cui scappa dalla miseria. Succede, spesso, di persone arrivate dal Nord Africa che, con le rimesse, mantengono due famiglie.
Concludendo, per i detenuti stranieri tossicodipendenti, abbiamo questi due problemi. Il primo e' che la misura alternativa della comunita' per il momento non e' praticabile. L'inserimento in appartamenti e' molto difficile, l'abbiamo fatto solo con qualcuno che era regolare, che aveva un permesso di soggiorno, e che si era messo nei guai in seguito. Per gli irregolari e' estremamente difficile una sistemazione di questo tipo. Quella che e' l'ipotesi, che stiamo percorrendo, e' di dire: perche' non proviamo a fare degli accordi, dei gemellaggi, con alcuni Stati. Ad esempio, si potrebbe costituire, a Padova, delle cooperative che possano insegnare un lavoro che poi sia possibile fare a Tunisi. Attraverso i fondi della cooperazione internazionale sostenere, poi, la nascita di una cooperativa a Tunisi. Quindi al tossicodipendente tunisino poi dire: "Invece di stare in carcere, vieni in questa cooperativa, dove puoi imparare un lavoro che poi puo' essere esportato in Tunisia. Finita la tua pena, non torni in Tunisia a mani vuote, ma ricevi un premio di buona uscita, se hai lavorato per due anni in alternativa, e poi li' ti assumono, con un reddito sostenibile".

Ristretti
Bisognerebbe pero' capire in quali Stati ci sono le condizioni politiche e sociali per realizzare questi progetti, che sarebbero forse la soluzione ideale, per coloro che non si possono regolarizzare in Italia e, piuttosto di andarsene con l'espulsione, troverebbero un modo dignitoso di tornare in patria.

Antonio Stivanello
Voi sapete che adesso, ad esempio, il Marocco ha chiesto la riduzione del debito con l'Italia. Allora, bisogna entrare in questi accordi e chiedere al Marocco, in cambio della riduzione del debito, la costituzione di alcune cooperative, nelle quali assumere delle persone che rientrano dall'Italia.

Ristretti
Se uno straniero tossicodipendente trova una comunita' disposta ad ospitarlo gratuitamente, puo' andarci?

Antonio Stivanello
Certamente, puo' andare senza nessun problema. Abbiamo delle situazioni, qui all'interno dell'istituto, per le quali sembra stia andando a buon fine una regolarizzazione. Ad esempio, c'e' una persona che, prima di entrare in carcere, aveva una convivente e questa si e' dichiarata disponibile a dargli alloggio quando esce. Noi gli abbiamo trovato un lavoro e, basandosi sul sostegno di questa convivente, puo' strutturare una situazione di residenza a Padova.

Ristretti
Non sarebbe possibile che gli stranieri irregolari, ai quali la regione non paga la retta in comunita', se la paghino direttamente, lavorando all'interno della comunita' stessa?

Antonio Stivanello
Le rette variano dalle 90 alle 140 mila lire al giorno. Comunque, abbiamo gia' sperimentato una situazione simile: avevamo sistemato una persona in appartamento e le avevamo trovato un lavoro, con l'accordo che contribuisse, parzialmente, al costo dell'alloggio. Per un po' questa persona e' andata a lavorare, poi ha lasciato il lavoro e l'appartamento, non l'abbiamo piu' vista.

Ristretti
Per gli italiani che sono in carcere da anni, e' abbastanza semplice prendere la residenza nella citta' del carcere in cui sono detenuti. Per me, ad esempio, sarebbe facile prendere la residenza a Padova, invece mi ostino a tenerla a Torino, dove sono andato ad abitare emigrando dalla Puglia. Lei cosa ci consiglia, per quello che riguarda l'accesso alle misure alternative con e la Ser.T.. E' meglio chiedere la residenza nella citta' in cui si e' detenuti, o conservare quella nella citta' di provenienza?

Antonio Stivanello
Se lei e' residente a Torino, io telefono alla Ser.T. di Torino e quelli mi dicono: "si', scriveremo". Ma, se poi non si fanno vivi, ogni due mesi lei torna a chiedermi di richiamarli. Se loro non si muovono, io non posso farci niente. Se lei, invece, prende la residenza a Padova, il responsabile per fatto che non ha un programma sono io. Poi c'e' da dire che, fatto il programma, non e' finita li', perche' il magistrato puo' dire comunque "no, tu stai dentro". In quel caso io sono a posto, comunque, perche' il programma l'ho fatto.

Ristretti
Puo' quantificarci, in termini di ore e di personale impiegato, la vostra presenza all'interno di questo carcere? Perche', nonostante adesso ci siamo confrontati con voi sui problemi che avete, abbiamo sempre presente anche le ragioni dei compagni che si lamentano spesso dalla vostra "latitanza".

Antonio Stivanello
Anzitutto dobbiamo considerare che noi non abbiamo molto personale e, quindi, non siamo in grado di offrire, se non in alcune situazioni molto particolari, tutti i supporti psicologici o psicoterapeutici Non abbiamo le forze per farlo. Quello che stiamo portando avanti e' un programma metodico, impostato all'inizio dell'anno: ogni detenuto deve essere visto all'entrata e ad ogni detenuto viene fatto un programma di possibile alternativa alla pena.
Su questo punto sono brutale, perche' se uno ha un "fine pena mai" e un altro il fine pena tra sei, mesi, io mi occupo del secondo. Ci sarebbe la necessita' anche di interventi per affrontare i problemi psicologici, di sostegno, ma noi non ce l'abbiamo.
Quello che riusciamo a fare e' di vedere tutti e di fare un programma, che puo' anche consistere nel dirci "ci vediamo tra sei anni", perche' magari la persona e' un ex tossicodipendente, nel senso che non si fa piu' da due tre anni, non e' nei termini per avere le misure alternative, e magari ha i colloqui con la famiglia. Forse avrebbe bisogno anche di un sostegno psicologico, ma in questo momento noi non siamo in grado di darlo.
Se la persona dipende da un altro Ser.T., in questo caso, se e' nei termini per le misure alternative, contattiamo quel Ser.T. perche' faccia il programma.
Se la persona e' nei termini e, invece, dipende da noi, il programma spetta a noi farlo. In tutti questi casi facciamo il nostro intervento, ma da qui a dire che le persone siano soddisfatte, certamente ce ne passa. Perche', se io sono di Tunisi e potrei andare in una comunita', faccio fatica a capire motivo per cui la regione non mi ci manda.
Pero' non succede che una persona arrivi al giorno in cui gli hanno fissato la Camera di Consiglio per l'affidamento senza avere il nostro programma, o che sia nelle condizioni per andare in detenzione domiciliare e le manchi il programma del Ser.T..
Per quanto riguarda il personale, oltre al sottoscritto, abbiamo una psicologa, che e' Emanuela Pegoraro e dedica quasi tutto il suo tempo al carcere. Poi abbiamo un'educatrice, che si occupa del laboratorio di ceramica della Sezione a Custodia Attenuata.
Inoltre c'e' il presidio, costituito da 4 psicologhe, di cui 3 lavorano part time, e dal medico, che lavora sei ore al giorno. Questo medico, secondo noi, dovrebbe occuparsi solo di tossicodipendenza, quindi se una persona ha mal di denti non va da lui, ma va dal dentista, e forse questo forse non e' ancora ben recepito.
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