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Narcoguerra messicana. Sonoyta nel fuoco incrociato del traffico della droga ...
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Articolo di Redazione
22 maggio 2015 19:13
 
Sonoyta e' il centro amministrativo di una cittadina chiamata Plutarco Elías Calles, 12.000 abitanti nella zona nord dello Stato di Sonora, nel Gran Deserto di Altar, al confine con lo Stato Usa dell'Arizona. Da diversi anni e' una zona di intensa attivita' delinquenziali: traffico di droghe, traffico di armi e denaro e punto di passaggio di migranti illegali.
E' anche un luogo di continui e violenti scontri tra le cellule del cartello di Sinaloa che si disputano questa ambita regione da cui ogni anno passano tonnellate di stupefacenti verso gli Usa, utilizzando territori che sono parte delle riserve indiane.
Le auto con le forze dell'ordine comunali, statali e federali sono abituali.
Il piu' recente conflitto a fuoco, due settimane fa, ha dato un saldo di 11 morti e sei feriti. Niente e' inusuale per gli abitanti delle zone rurali del comune (2 mila persone) abituate a ritrovare cadaveri tra la polvere e i cactus, nonche' jeep sbalestrate e incendiate nelle zone desertiche, mentre i camion raccolgono i frutti delle coltivazioni tipiche della zona, come asparagi, erba medica, grano e cotone.
Nell'ultimo conflitto a fuoco, lo scorso 5 maggio, e' successo un fatto senza precedenti: le bande si sono rincorse fino al deserto di Sonora e, col fuoco incrociato, hanno colpito diverse case. Due civili sono stati uccisi.
Piu' di mille persone -il 50% della popolazione rurale- sono fuggite. Molte si sono rifugiate nelle chiese, altri nelle postazioni del Dif (centri di assistenza alla famiglia) comunali, piu' di uno in case private e alcuni sono fuggiti in citta' come Caborca, San Luis Rio Colorado, Puerto Penasco e Mexicali. Qualcuno ha attraversato la frontiera.
Solo alcuni sono ritornati: strade senza illuminazione, case chiuse con catene e lucchetti, animali domestici in cerca di cibo, la maggior parte dei negozi chiusi, cosi' come le scuole (che ufficialmente hanno sospeso le lezioni per una settimana).
Gli abitanti di Sonoyta sotto il fuoco..
La pastora Monica Brenan, a capo della chiesa del Divino Redentore, e' una di pochi abitanti che e' ritornata. E ricorda…
- Eravamo in casa e nel momento dello scontro a fuoco, abbiamo riunito tre famiglie nella mia camera da letto. Si', era molto brutto. Ci ha colto di sorpresa. Eravamo in casa a fare le nostre cose, i bambini si erano alzati tardi perche' non c'era scuola ed e' quando hanno cominciato le detonazioni delle armi da fuoco. E si', ci hanno spaventato molto. Erano molto vicine e ci ha spaventato molto.
Piangevano?
- Si', in quel momento i bambini piu' di altri erano nel panico. Io cercavo di calmare i giovani chiedendo loro che mi aiutassero con i bambini, perche' se loro si facevano prendere dal panico, lo spavento sarebbe stato piu' grande. Abbiamo cominciato a calmarli e tranquillizzarli, ma dentro di noi eravamo terrorizzati per quanto sarebbe accaduto in seguito o perche' poteva esser peggio, beh..
Pregavate?
- Ci siamo messi a pregare nella mia camera da letto, chiedendo a Dio perche' il tutto terminasse e perche' i proiettili non finissero in casa nostra; eravamo 13 bimbi e sette adulti. Stavamo chiedendo a Do che non ci fossero momenti peggiori. Quando e' finita la sparatoria, abbiamo deciso di uscire. Abbiamo aspettato un momento, controllando che non si sentissero piu' passare dei proiettili…
Molte persone non sono ritornate?
- Si', molti di loro pensano di vendere le proprie case e non ritornare, per il terrore e le incertezze a cui occorre far fronte. Noi stiamo pregando Dio perche' questo finisca. Che tutto ritorni alla normalita'.
Di solito non si familiarizza con i criminali?
- No, grazie a Dio. Noi, persone di chiesa e di casa non ci mettiamo con loro e tantomeno le famiglie. Ciascuno nel suo..
“Ciascuno nel suo”. La convivenza, forzata o meno con i criminali
“Quando ci sono forti detonazioni, i bambini si spaventano, pensano di star per morire. Questo era il trauma”, dice la pastora. Il trauma. La vita nel deserto sotto i fischi delle pallottole…
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Julio César Ramírez e' il Sindaco di Plutarco Elias Calles. L'intervista e' stata realizzata nel suo ufficio di Sonoyta.
Gli abitanti civili si sono ritrovati nel mezzo di un campo di battaglia, Sindaco..
- La sparatoria non era contro la popolazione, ma ci sono state vittime innocenti. Abbiamo avuto due morti di gente che era nei campi, persone che non avevano niente a che vedere con quanto accadeva. Nel contempo ci sono stati feriti per il fuoco incrociato…
Questa e' zona di frontiera del traffico di droghe, ci sono gruppi che si battono per questo?
- Si', storicamente e' una zona utilizzata per il transito di droghe, come per il passaggio di persone sena documenti, e questo grazie alla nostra ubicazione geografica: 140 Km di frontiera. Ma mai abbiamo visto un'ondata di violenza tale che la popolazione civile e' rimasta terrorizzata ed ha deciso di migrare.
Preoccupato, angustiato?
- Si', moltissimo preoccupato, infinitamente. Siamo in stato di allerta.
I due gruppi antagonisti, chiamati Los Camarena e Los Salazar, si minacciano continuamente con scrite su degli striscioni fstti con lenzuola e attraverso le reti sociali. Anche il Sindaco e' stato minacciato su Facebook: e' considerato partigiano di una delle due bande.
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La donna, originaria di Sinaloa, madre di tre bimbe e un bimbo, ci fa entrare nella sua casa, che e' stata colpita con piu' di venti proiettili. Lei e la sua famiglia sono stati fortunati: attraverso la finestra della cucina, due proiettili di grosso calibro sono entrati nell'armadio e si sono fermati sul muro della stufa.
- Se stavamo mangiando… - ci ha detto senza terminare la frase.
Un altro proiettile e' entrato attraverso la finestra della camera dei bambini, ha attraversato la casa e si e' fermato su un dvd che era accanto alla televisione.
- Stavamo li' coi bambini--- -dice con voce tremula ricordandolo.
Un vecchio cane ulula al di fuori della casa dei suoi padroni. Non si percepisce come un lamento. Ne' puo' essere assimilato come tale. Ha lo sguardo tristissimo. Non c'e' nessuno nella sua casa. E' stato abbandonato.

(articolo pubblicato sul quotidiano Milenio del 22/05/2015)
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