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Rifiuti di plastica. L’atollo di Henderson ne’ e’ capitale mondiale
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Articolo di Redazione
19 maggio 2017 11:28
 
 L’isola Henderson e’ uno dei posti piu’ remoti al mondo. Non e’ abitata; le citta’ e le industrie piu’ vicine sono a circa 5.000 chilometri. Ma ha “la densita’ piu’ elevata al mondo di rifiuti di plastica”, secondo uno studio pubblicato il 16 maggio nella rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS). I suoi autori stimano che ci sono 37,7 milioni di pezzi di plastica sul suo territorio.
Questo atollo, che fa parte delle isole britanniche Pitcairn, e’ nella parte orientale del Pacifico del sud, tra la Nuova Zelanda e il Cile. Henderson e’ talmente lontano che i ricercatori, i suoi unici visitatori, ci vanno solo ogni cinque e dieci anni.
Jennifer Lavers, dell’Istituto degli studi marini ed antartici all’Universita’ della Tasmania, in Australia, segue per le sue ricerche l’inquinamento in plastica negli oceani. “Ho pensato che l’estrema lontananza dell’isola di Henderson le avrebbe offerto una certa protezione. Mi sbagliavo completamente.”, dice questa ricercatrice.
Prodotti della vita quotidiana
Sulle spiagge, coi suoi colleghi, ha contato fino a 671 oggetti in plastica per ogni metro quadrato, piu’ che mai in passato e altrove. Via via che essi pulivano, migliaia di nuovi rifiuti arrivavano. Piu’ di 3.570 si depositano ogni giorno, secondo i loro conti, su una delle spiagge dell’isola.
Si potrebbe pensare che si tratti di oggetti abbandonati da delle navi di pescatori, ma sono soprattutto dei prodotti della vita quotidiana, utilizzati da qualunque consumatore. Dei contenitori, dei rasoi, spazzolini da denti, ciucciotti, soldatini di plastica, pezzi del domino e anche i piccoli hotel rossi del gioco del Monopoli.
Questi oggetti hanno viaggiato nell’oceano grazie alle correnti marine. Henderson e’ su uno dei cinque grandi vortici del Pianeta, quello del Pacifico del sud. Gli altri quattro si trovano nell’Atlantico del nord, Atlantico del sud, Pacifico nord e nell’oceano Indiano.
In queste zone, miliardi di detriti si accumulano grazie alle correnti e alla forza centripeta che li aspira verso il centro della spirale. Sul territorio di Henderson si accumulano i rifiuti che provengono dall’America del sud e che sono abbandonati dalle navi da pesca -spiega lo studio.
Quest’isola e’ classificata nel Patrimonio mondiale dell’Unesco. Sul sito dell’agenzia dell’Onu, e’ descritta come uno dei “rari atolli al mondo ad aver conservato un’ecologia praticamente intatta”. “La sua situazione di isolamento permette di osservarvi la dinamica dell’evoluzione insulare e della selezione naturale”, vi si legge. L’Unesco dovra’ evidentemente rivedere il proprio profilo.
Jennifer Lavers e’ rimasta sull’isola tre mesi e mezzo nel 2015 con altri sei ricercatori. Essi hanno valutato piu’ di 17 tonnellate di peso per 37,7 milioni di rifiuti su Henderson. Ma questa stima e’ “probabilmente al di sotto della realta’”, secondo gli autori dello studio. Gli scienziati hanno contabilizzato solo gli oggetti di piu’ di 2 millimetri e che erano ad almeno 10 centimetri sulla superficie. Non hanno potuto verificare i detriti lungo le scogliere e le parti rocciose della costa.
“Quello che accade sull’isola di Henderson mostra che non ci sono metodi per evitare l’inquinamento della plastica, anche nelle terre piu’ lontane in mezzo ai nostri oceani”, spiega Lavers. Quest’isola e’ “un esempio scioccante ma tipico dei danni causati all’ambiente dalla plastica”.
“Tragico”
Intorno ai vortici degli oceani, il mare Mediterraneo non ne e’ risparmiato, essendo una grande zona di accumulo. Un’équipe internazionale ha pubblicato ad aprile, nella rivista Science Advances, i risultati di un’altra iniziativa di misurazioni che evidenzia lo stesso fenomeno nell’oceano Artico. In alcune zone come nel mare della Groenlandia, si possono raccogliere fino a “diverse centinaia di migliaia di detriti per chilometro quadrato”, secondo gli autori di questo studio.
Sull’isola Henderson, gli scienziati hanno trovato dei granchi in dei colli di bottiglia o delle scatolette di cosmetici. “Questo ha un che’ di tragico, vederli vivere nei nostri rifiuti”, deplora Lavers. Essi hanno anche scoperto una tartaruga morta in una rete da pesca.
La plastica rappresenta una minaccia importante per gli animali che vivono in queste acque o sulle isole, nota lo studio. Numerose specie ingeriscono dei detriti. Questi rifiuti creano delle ulteriori barriere sulle spiagge, bloccando l’accesso ad alcuni animali, come le tartarughe che rinunciano a farvi i loro nidi.
Gli autori dello studio di preoccupano dell’aumento continuo della produzione di plastica. Nel 1954, 1,7 milioni di tonnellate erano prodotte ogni anno, rispetto ai 311 milioni di tonnellate del 2014, e sottolineano che la maggior parte degli oggetti fabbricati con questa materia non sono riciclabili.
“Dobbiamo ripensare al nostro rapporto con la plastica”, dice Lavers. Che deplora una “dipendenza” e fa appello alla responsabilita’ di ognuno per ridurre il consumo di questa materia inquinante. “Degli oggetti che sono stati fabbricati da diversi anni continuano a fluttuare oggi nell’oceano, e cosi' per i prossimi decenni”.
La ricercatrice compara la gravita’ di questo inquinamento con il cambiamento climatico. “Dobbiamo agire ora e subito, e non dibattere per decine di anni come accade per la questione del clima”. L’inquinamento legato alla plastica e’ visibile, e si spera che la presa di coscienza sia piu’ rapida.

(articolo di Caroline Taïx, corrispondente da Sydney, pubblicato sul quotidiano Le Monde del 19/05/2017)
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