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Speranza di vita. Oltre i 90 anni nel 2030... o no?
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Articolo di Redazione
22 febbraio 2017 12:12
 
  Nel pianeta scientifico, questo genere di studio non passa mai inosservato. Considerando l’argomento, e’ sicuro che andra’ oltre ogni frontiera, tanto e’ viva la questione della lunghezza della vita. La prestigiosa rivista medica The Lancet lo ha ben capito. Oggi, un’équipe dell’Imperial College di Londra ha fatto sapere che nel 2030 diversi Paesi sviluppati potranno vedere la propria speranza di vita superare la barra dei 90 anni per le donne, e quella degli 85 per gli uomini.
Consacrando la Corea del Sud come futura campionessa di tutte le categorie della vecchiaia -seguita dalle donne di Francia e Giappone; mentre tra gli uomini quelli di Australia e Svizzera- lo studio fa sapere di aver elaborato un nuovo modello di affidabilita’ ineguagliabile, frutto dell’applicazione alla demografia di metodi matematici sofisticati. “Il nostro obiettivo era di arrivare ad andare oltre le eterne dispute dei modelli” spiega Majid Ezzati, coordinatore dello studio. I ricercatori britannici hanno fatto la sintesi di ventuno previsioni di speranza di vita futura realizzate attraverso il mondo e il tempo da diverse équipe di demografi.
Prevedere il futuro a partire dai dati del passato
Una sintesi ambiziosa, realizzata in tre tempi. Hanno prima messo insieme le statistiche sulla speranza di vita tra il 1985 e il 2013 in 35 Paesi sviluppati. Hanno parametrato 21 modelli a partire da dati raccolti tra il 1985 e il 2000, e comparate le previsioni che ognuno di essi dava con i numeri reali registrati nei 35 Paesi tra il 2001 e il 2013.
In seguito hanno classificato i diversi modelli ed hanno loro attribuito, ad ognuno -e’ la seconda fase-, un peso particolare per stabilire la loro sintesi: un modello performante avrebbe avuto un peso eccessivo, molto meno un altro troppo lontano dalla realta’.
Infine hanno applicato questa nuova costruzione sugli anni 2017-2030, stabilendo ogni volta la probabilita’ che un risultato futuro -cioe’, una speranza di vita conseguenziale- avvenga effettivamente.
Un ragionamento di insieme che hanno qualificato come “bayesiano” (ndr – da Bayes, che invento’ il teorema della probabilita’ delle cause), ragionamento statistico che, in modo probabilistico, prevede il futuro a partire dai dati del passato. Di conseguenza c’e’ il 90% di possibilita’ che la speranza di vita delle donne sud-coreane nel 2030 sia superiore a 86,7 anni; 57% delle quali va oltre i 90 anni. La cifra quindi annunciata con lo studio e’ quella per cui la probabilita’ e’ del 50%.
La Corea del Sud, futura campionessa del mondo
Forte di questa costruzione metodologica, l’équipe dell’Imperial College annuncia dei risultati notevoli. Con 90,82 anni per le donne e 84 per gli uomini, fanno della Corea del Sud la futura campionessa del mondo della longevita’.
Tra il 2010 e il 2030, le donne di questo Paese potrebbero guadagnare 6,6 anni di speranza di vita -la piu’ forte crescita-, gli uomini un po’ meno di 7 anni, secondi solo agli uomini ungheresi (+7,5 anni), che partono da piu’ lontano.
Dietro le sud-coreane si trovano le francesi (88,55 anni) e le giapponesi (88,41 anni), Gli autori sottolineano i buoni progressi delle messicane, delle portoghesi e delle slovene. Negli uomini, sono gli australiani (84 anni) e gli svizzeri (83,95 anni) che completano il podio. …. Gli autori sottolineano i guadagni attesi dei danesi, degli irlandesi e di tre Paesi dell’Europa centrale (Slovenia, Polonia, Slovacchia).
In questa previsione, gli Stati Uniti fanno una triste figura; le americane vanno dal 25 al 27mo posto. Mentre i loro omologhi maschi sono considerati in caduta, dal 23 al 26mo posto.
“I Paesi hanno spesso forze e debolezze sul piano sanitario -spiega Majid Ezzati. In Francia, l’obesita’ e’ scarsa, la mortalita’ stradale e’ anche bassa, il binge drinking e’ meno diffuso che altrove, E la vostra Sicurezza sociale prende tutto in considerazione. Ma la vostra politica contro il tabacco e’ mediocre, al contrario di quanto avviene in Australia. Gli americani sono pessimi quasi su tutto: obesita’, accesso alle cure, morti violente, politica ambientale...".
Calo della speranza di vita oltre-Atlantico
Per Jay Olshansky, professore di sanita’ pubblica all’Universita’ dell’Illinois, questi risultati sono ancora troppo adulatori. Lui e’ stato uno dei primi ad aver annunciato, piu’ di dieci anni fa, la flessione in aumento della speranza di vita in Usa. Faceva riferimento non alle curve della mortalita’ ma alla situazione sanitaria degli americani, piu’ particolarmente l’esplosione dell’obesita’. I fatti gli hanno dato ragione.
Dopo quattro anni, la speranza di vita non e’ piu’ aumentata oltre-Atlantico. Ed e’ anche calata. Considerando lo stato sanitario dei bambini o anche l’aumento massiccio del consumo di farmaci oppiacei e di overdosi conseguenziali, l’epidemiologista si e’ convinto che “il calo continuera’”.
Ma e’ l’insieme del modello che Olshansky denuncia: “Si parla di un fenomeno biologico. Gli autori dimenticano completamente le osservazioni sullo stato sanitario collettivo, che porta di per se’ alla futura mortalita’”.
L’universitario americano continua: “E’ come guidare una vettura guardando nello specchietto retrovisore, e sentirsi meglio perche’ si ha diversi specchietti e non uno solo. Molto rapidamente si finira’ per cascare da una scogliera. Le autorita’ americane hanno commesso lo stesso errore quindici anni fa, cosi’ come si sono sbagliate sulla mortalita’ per diabete, ignorando l’epidemia di obesita’ che era sotto il loro naso”.
Un archetipo della “falsa scienza”
Avversario storico di Jay Olshansky, convinto che la speranza di vita continua a crescere, il demografo Jean-Marie Robine, direttore della ricerca all’Inserm, e’ pertanto molto critico di fronte a questa pubblicazione.
Lui vede anche l’archetipo della “falsa scienza”: “credono di aver trovato il Graal. E’ assurdo. Un modello non e’ che un linea all’orizzonte. Una proiezione con la quale il futuro assomigliera’ al passato. In seguito, si comincia a lavorare, si guardano gli altri elementi che bisogna prendere in considerazione, lo stato sanitario, l’avanzamento della ricerca, la situazione sociale.. Il loro modello e’ migliore degli altri? E’ possibile. Loro lo hanno anche calcolato. Ma pensare che un modello, per quanto elaborato sia, possa prevedere il futuro, e’ una incomprensione di fondo sul ruolo di una proiezione”.
Il demografo illustra i suoi propositi: “La Corea del Sud fa tesoro del suo ritardo in modo spettacolare, come il Giappone venti anni fa. Ma oggi il Giappone batte il passo. Cosa succedera’ alla Corea del Sud? Non si sa, neanche io lo so. Trenta anni fa, alcuni avevano fissato dei limiti di speranza di vita, ora ci si crede vicini ma la crescita e’ continuata. Oggi, tutti hanno tendenza a lasciar andare, pensare che questo continuera’, ed io penso lo stesso, ma ci si sbaglia probabilmente anche tanto”.

(articolo di Nathaniel Herzberg pubblicato sul quotidiano Le Monde del 22/02/2017)
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