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Usa. Perche' continuare ad escludere Cuba?
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Articolo di Alessandro Garzi
29 gennaio 2002 20:18
 
Cuba, per la politica americana, e' una specie di tabu'.
Le compagnie americane possono investire tranquillamente in Cina, possono investire tranquillamente in Vietnam, ma non a Cuba, cosi' come sono previste sanzioni per gli americani che si recano a Cuba o per i cubano-americani che eccedono nelle visite familiari o nei versamenti in denaro.
Per la droga, stesso discorso. Sotto l'amministrazione Clinton c'era stato un accenno di accordo per combattere i traffici che vengono da quella zona, e l'accordo tra le guardie costiere dei due Paesi aveva portato dei frutti in termini di sequestri. I piu' scettici ribatterono che di Cuba non ci si poteva fidare, che l'isola stessa produceva e spacciava droga, tanto che, con l'ascesa al potere di George W. Bush, e' stata seguita questa linea. E Cuba, per le autorita' americane, torna ad essere un tabu'.
Cuba, di per se', era riuscita a limitare moltissimo l'uso di droghe, complice anche l'isolamento che l'isola ha subito dal 1960 in poi. Poi, dall'inizio degli anni'90, con l'aumento dei visti turistici, anche Cuba e' diventata un mercato piuttosto appetibile per gli spacciatori.
L'area geografica dei Caraibi, e' un'area decisiva, sotto il punto di vista della lotta alla droga: e' posta tra i Paesi produttori, e il maggior Paese consumatore, gli Usa. Inoltre, la frammentazione politica dell'area, fa si' che risulti difficile individuare i traffici, tanto che nessun Paese puo' pretendere di combattere il narcotraffico autonomamente.
Anche nel caso della lotta alle droghe, il Governo americano non esita a collaborare con quello cinese, per il caso birmano, allora, si chiedono il deputato al Congresso William Delahunt e l'ex membro del Dipartimento di Stato Philip Peters, perche' lasciare nel fronte della guerra alla droga americana un "buco" grande quanto l'isola di Cuba?
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