COMMENTI
  (Da 1 a 4 di 4)  
28 marzo 2016 16:55 - gm da legnano
Molto interessante l’argomento trattato, un grazie a Pedone, Immancio, Federico e Scolari.
Concordo con quasi tutte le posizioni chiaramente esposte dai quattro autori , salvo qualche considerazione che la mia personale esperienza vorrebbe suggerire:
* I meno acculturati non chiedono consulenza , NON perché ne ignorano l’esistenza ma ….,perché è troppo faticoso cercare di capire cosa stanno facendo e preferiscono affidarsi ad occhi chiusi alle proposte del consulente al soldo della "importante casa" di investimenti;restano analfabeti per loro scelta specie se il consulente lascia loro intendere un futuro di guadagni minimizzando i grandi rischi certi, incontrollabili a priori..
* Il “ banchiere famigliare tipo” non ha alcun interesse a perdere tempo per trasmettere cultura all’ignorante. Anche perché sarebbe costretto a scoprire il suo gioco ed il conflitto di interessi che sta sfruttando a pieno per carpire, e subito tradire, la fiducia che l’ingenuo ed ignorante gli concede ad occhi chiusi, magari tra le “sicure “ mura domestiche. Si accaparra così facili, laute, immediate, sicure provvigioni. Poco importa se disoneste e ladrate con la collaudata tecnica del vecchio “cavallo di Troia” debitamente legalizzata dalle più garantiste istituzioni con leggi, regolone e regoline, mifid, e molto altro. Le potenti lobbies ovviamente si assicuranono la propria grassa sopravvivenza a discapito dei tanti poveri, polli, buoi, asini fiduciosi della “buona” banca e del “bravo amico” che ti risolvono il problema “finanza”. Sono forse colpevoli costoro se i buoi , i polli e gli asini vogliono restare tali?
* quante sono le banche, le sim ed i promotori finanziari che non adottano tale sistema?

C’è speranza con i consulenti indipendenti “fee only” ( un tanto all’ora come lo psicologo)?..... che magari riescono a parlarti in italiano o meglio nella lingua che usa un asino come te? Trovalo se ci riesci, ma ricordati: per capire se funziona davvero dovrai attendere qualche anno e attraversare alterne fasi di mercato, favorevoli e disastrose !

Ma la vera “tutela del risparmio” non può essere altro che sopportare i tuoi personali costi in tempo e preoccupazioni , fatica e stress per evitare l’acquisto a caro prezzo di fantastiche aspettative di soli guadagni !
Quanto differisce la promozione finanziaria tanto pubblicizzata su tutti i media dallo sciogli-pancia o dalla vendita dei sicuri numeri del lotto venduti da un fantomatico esperto?

A mio parere appare chiaro che la consulenza indipendente soffre per essere poco conosciuta, boicottata dai concorrenti “ promotori finanziari asserviti” alle case chiuse che li formano tutti i santi mesi per meglio bidonarti. Questi non hanno difficoltà a spiegarti che loro sono i soli sacerdoti e maestri e tu, se va bene, sei un allievo; ti fanno sentire un primo della classe grazie al fatto che hai i soldi da convertire ma si preoccupano solo di lasciarti nella tua ignoranza .
Forse lucillafiaccola non dovrebbe prendersela con le borse, si sa a rischio ed imprevedibili, ma con chi gli promette un fantastico aldilà se solo segue acriticamente i suoi consigli.

Un asino che tenta di non essere anche pollo e bue.
25 marzo 2016 14:44 - federico6198
Concordo con quanto detto da immancio ed aggiungo per chi volesse approfondire l'argomento :

Riflessioni sul costo psicologico, economico ed informativo degli investimenti

di Massimo Scolari (*) - 04/04/2012


Ho letto gli interessanti articoli che ha pubblicato il dr. Zanella sul sito Youinvest, “Il concetto di costo è più immediato di quello di rischio” e “Dal consulente finanziario? Solo dopo aver scelto in che cosa e come investire”.
La discussione sui costi e sugli oneri che gravano sui risparmiatori che si avvicinano all’investimento finanziario è sempre stata molto vivace. Il costo non è soltanto rappresentato dall’esborso monetario rappresentato dalle commissioni applicate dagli intermediari, ma anche dal costo derivante dal tempo che il risparmiatore deve impiegare per informarsi in modo adeguato. Ma non è solo questo: anche il costo “psicologico” derivante da ansia, stress, preoccupazione che deriva da una scelta di investimento in strumenti finanziari “rischiosi”.
I costi di natura monetaria sono in un certo senso più facili da conoscere e quantificare; l’obiettivo della trasparenza dei costi applicati dagli intermediari è perseguito in modo continuativo da tutte le forme di regolamentazione nel settore bancario, finanziario ed assicurativo. Non si può dire di essere soddisfatti pienamente, ma di certo la situazione è francamente migliorata in questi anni. Come è migliorata la disponibilità di prodotti finanziari a costi relativamente contenuti, rispetto al valore aggiunto che generano.
Il punto quindi si sposta sulle altre tipologie di costo.
La mia impressione è che l’ansia e lo stress dei risparmiatori siano connessi alla percezione che i risultati degli investimenti potrebbero essere diversi, anche molto diversi, dalle aspettative. Se l’investitore avesse piena fiducia che alla fine del periodo di tempo prescelto (o durante il periodo di tempo prescelto, che non è la stessa cosa) il valore del capitale investito si sia rivalutato nella misura attesa, non vi sarebbe alcuno stress. Quindi, anche in questo caso, si ricade nella tematica della fiducia che il cliente ha nei confronti della persona (o dell’istituzione) che ha suggerito o gestito il portafoglio. E la fiducia si ottiene, a parte casi particolari, avendo dato dimostrazione pratica e concreta della coerenza tra aspettative generate e risultati conseguiti.
Per spiegare il mio punto di vista, faccio ricorso ad un episodio di vita reale. In passato lavoravo per una Sgr appartenente ad un gruppo bancario. Eravamo nel periodo immediatamente successivo allo scoppio della bolla dei titoli tecnologici; un alto dirigente della banca mi chiese di incontrare un cliente importante che aveva subito forti perdite nella gestione patrimoniale della banca a causa dell’esposizione ai titoli azionari del settore internet e tecnologia. Io studiai il suo portafoglio che evidenziava perdite di circa il 70% ed incontrai il cliente che, con un tono piuttosto agitato, mi disse che avrebbe desiderato, a tutti i costi, recuperare il proprio capitale nel più breve tempo possibile. Gli dissi che, pur comprendendo il suo stato d’animo, non mi sembrava possibile realizzare i suoi obiettivi. Il cliente avrebbe dovuto, secondo me, riconsiderare i propri obiettivi di rendimento alla luce delle concrete possibilità di realizzazione. Insomma fare tesoro delle esperienze negative, ricominciare da capo e cambiare metodo di gestione dei propri risparmi.
Il cliente mi ringraziò ma era molto deluso da me. Non ne seppi più nulla per un po’ di tempo; dopo qualche settimana, incontrando l’alto dirigente della banca, venni a sapere che il cliente aveva deciso di continuare ad affidarsi al gestore precedente, perché gli aveva pronosticato il recupero delle sue perdite nei tempi più brevi possibili.
Risultato finale: dopo poco tempo il gestore cambiò mestiere, io sono ancora qua ed il cliente, se va bene, probabilmente avrà gli stessi soldi di dieci anni fa.
Questa storia, oltre a dimostrare le mie pessime qualità commerciali, illustra come la “vendita” di aspettative giochi un ruolo cruciale nel mantenimento del rapporto di fiducia con il cliente e quindi, a lungo andare, nelle concrete scelte di allocazione dei risparmi.
La terza tipologia di costo che il cliente sopporta riguarda il tempo necessario per informarsi, prima, e per monitorare i propri investimenti nel tempo. L’articolo del Dr. Zanella ricorda i risultati di alcune ricerche condotte negli Stati Uniti che tentano di determinare il livello di costi “informativi” responsabili dell’allontanamento degli investitori “retail” dal mercato azionario.
Concordo pienamente sul fatto che la maggiore disponibilità di informazioni attraverso la rete non abbia affatto ridotto il costo “informativo” che si è a mio avviso incrementato in relazione alla maggiore quantità di prodotti finanziari disponibili per la clientela in un contesto di apertura dei mercati internazionali.
La consulenza finanziaria, soprattutto se prestata secondo modalità di indipendenza e di oggettività, può contribuire a ridurre i costi sopportati dal cliente e l’asimmetria informativa. In un certo senso si potrebbe affermare che la domanda di consulenza dovrebbe essere maggiore proprio da parte della clientela meno informata e meno finanziariamente evoluta. Infatti questi risparmiatori, sprovvisti del bagaglio e delle informazioni di base, consumano più tempo e risorse per informarsi e decidere i propri investimenti.
Non è così invece. Numerose ricerche hanno dimostrato che il servizio di consulenza risulta maggiormente apprezzato dalla clientela evoluta e con una decente preparazione ed esperienza in materia finanziaria. Alcuni sostengono che questa correlazione è dovuta al fatto che la clientela maggiormente istruita normalmente detiene più capitali e guadagna redditi maggiori. Ed è per questo che chiede più facilmente un servizio di consulenza.
In ogni caso la consulenza ha un costo, dato dal tempo necessario al consulente per analizzare la pianificazione finanziaria del cliente, i suoi obiettivi, la propensione al rischio ecc. e per formulare raccomandazioni di investimento adeguate ai bisogni e alle caratteristiche del cliente. Se questo costo supera l’onere che il cliente deve sopportare per informarsi e decidere da solo, evidentemente la consulenza non potrà svilupparsi presso la clientela retail.

(*) Massimo Scolari è segretario generale di ASCOSIM.
25 marzo 2016 11:13 - immancio
Il commento di lucillafiaccola è l'esempio lampante su come la cultura finanziaria in Italia si fermi ai titoloni su giornali e telegiornali.
La finanza va reinterpretata come una soluzione a progetti di vita e non come speculazione e brama di ricchezza. Il tempo è il fattore chiave e la pianificazione finanziaria su orizzonti temporali e sopportazione del rischio ne è la logica conseguenza.
Finché rimarremo legati alle logiche populiste dei ladroni della finanza, solo pochi potranno godere degli effetti positivi della finanza e i restanti subiranno solo i danni provocati dalle loro reazioni emotive ai titoloni dei giornali.
Serve educazione finanziaria seria ma serviranno decenni per chiudere questo gap fra noi e i paesi anglosassoni.
Filippo Mancini
23 marzo 2016 19:33 - lucillafiaccola1796
ma che volete consulenziare con questi ladroni borse su borse giù senza motivo solo per prenderci per il qulo e farci deprezzare Stipendi e Pensioni?
Questi sono speculatori a vanvera...il gioco è sfuggito di mano anche a loro e si stanno struogolando nella merdella, quella puzzolente, non quella dolce!
  COMMENTI
  (Da 1 a 4 di 4)