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La cultura della illegalita'. Molto diffusa ovunque. Sapremo uscirne?
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Editoriale di Vincenzo Donvito
3 novembre 2015 10:33
 
 Tutti la conoscono e ci convivono. E' l'illegalita'. Non quella delle forme estreme dei film o delle fiction piu' o meno d'azione. Ma quella di tutti i giorni, di un nostro quotidiano essenzialmente piccolo. Che ci porta ad apparenti piccole illegalita' che, talmente radicate nel nostro comportamento, le mettiamo in pratica senza pensarci, come altre forme vitali di esistenza.
Alcuni giorni fa abbiamo ricevuto una lettera che e' lo specchio di questa illegalita'.
Il rapporto di Aduc coi propri associati e non solo, e' fatto di centinaia di lettere cartacee e non, di decine di migliaia di contatti quotidiani telefonici e via web. Tra noi e chi ci segue e ci cerca abbiamo una sorta di rapporto di complicita', come tra chi -basandosi sul rapporto di fiducia- fa insieme ad un altro qualcosa di molto arduo, difficile e spesso impossibile, e dove la soddisfazione fa parte di una sorta di tassello per la costruzione di qualcosa di migliore per il futuro.
Ebbene, in questo rapporto e con questa “filosofia”, ci arriva questa lettera per conoscenza. Una come tante. Apparentemente. Un cittadino di una importante citta' italiana che ci manda per conoscenza una lettera con cui ha esercitato un diritto di recesso per l'acquisto di un telefonino via web. Ordinaria corrispondenza, in cui l'invio ad Aduc serve essenzialmente per far capire a chi subisce questo recesso che il consumatore e' ben informato e seguìto, ha contatti con un'associazione di consumatori e non ci pensera' due volte prima di -in mancanza di soddisfazione- far valere i propri diritti nelle sedi opportune, anche giudiziarie. Due particolari, pero':
- la busta riportava l'intestazione dell'amministrazione comunale di questa citta' e la marchiatura postale (0,85 euro) era di quelle di chi, Comune e/o grande utente delle Poste, ha la macchinetta per imprimere il valore bollato;
- chi ha esercitato il diritto di recesso non era l'amministrazione di questa citta', ma un privato, quindi una persona che ha fatto l'acquisto del telefonino per se' e che, per farcelo sapere, mentre al venditore ha inviato una raccomandata A/R, a noi ha inviato la lettera per posta ordinaria con quella affrancatura (forse perche' e' li che lavora...).
Cioe': ha utilizzato i fondi pubblici (anche nostri e di chi in questo momento ci sta leggendo) per far sapere all'Aduc di una propria azione privata per far valere un diritto.
E' chiaro cosa e' accaduto? E' chiaro il nostro discorso?
Dove si puo' e si vuole andare con un Paese in queste condizioni?
Per carita', di cose del genere crediamo ne accadano a milioni ogni giorno e, per l'appunto, nessuno ci fa caso piu' di tanto. Ma in questo contesto... la lettera a noi per comunicarci l'esercizio di un proprio diritto contro un interlocutore che sta violando le leggi (1)….. tanto varrebbe che il presunto truffato si fosse messo in contatto con la malavita per chiedere loro di andare da questi signori a minacciare di sfasciargli tutto se non ottemperavano al dovuto… del resto non e' la malavita in diverse parti del mondo, Stivale incluso, calmieratrice del buon e rispettoso vivere in virtu' del proprio controllo del territorio?
Ripetiamo: dove si puo' e si vuole andare con un Paese in queste condizioni?
Noi ci proviamo e cerchiamo di non scoraggiarci facendo cadere le braccia di fronte ad evidenze come questa, ma e' difficile, veramente molto difficile. E le istituzioni -spesso foriere di arroganze e illegalita' pur di incassare qualcosa- ci aiutano poco.

(1) nella fattispecie e' proprio cosi': si trattava di un venditore online che e' oggetto di indagine e condanna per pratica commerciale scorretta da parte dell'Antitrust, proprio perche' vende oggetti che poi non consegna in modo conforme o non consegna per niente.
 
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