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GIUSTIZIA, PENE E TEMPI
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Editoriale 
15 agosto 1999 0:00
 
ESEGUIRE SUBITO LA PENA? SAREBBE COME NON FARE I PROCESSI PERCHE' SI E' CERTI DELLA COLPEVOLEZZA DELL'IMPUTATO. ALL'ESTENUANTE LENTEZZA DELLA GIUSTIZIA SI RISPONDE FACENDO PAGARE GLI UTENTI

La commissione per la riforma del codice penale, presieduta da Carlo Federico Grosso, propone di eliminare le gravi storture dell'attuale sistema sanzionatorio, con pene non eccessive e sicuramente applicate, nonche' un piu' ampio uso di provvedimenti alternativi al carcere. Nello stesso tempo il procuratore capo di Milano, Gerardo D'Ambrosio, di fronte alla lentezza dei processi, per smaltire una quantita' oggi ingestibile di situazioni pendenti, propone che la pena sia applicata dopo la sentenza di primo grado, senza attendere i risultati dei ricorsi.
Due aspetti stridenti fra loro di considerare l'urgenza del non-funzionamento della struttura della giustizia. Uno opposto all'altro. Il primo -quello della commissione Grosso- cerca di mettere le toppe e colmare il divario tra legge scritta e legge applicata, eliminando quelle carcerazioni che proprio perche' gia' riconosciute assurde, oggi non vengono comminate; o quando lo sono, possono diventare meno lunghe grazie ad una serie di attenuanti totalmente discrezionali: un tentativo quindi, di consolidare la certezza della pena, quindi del diritto e della sua facile comprensione -e conseguente rispetto- da parte dell'utente.
Oggi gli utenti della giustizia sono esasperati e il rapporto di fiducia e complicita' che dovrebbe esserci con la giustizia dello Stato, e' in moltissimi casi deteriorato e rotto. Nella giustizia civile, inoltre, non esiste piu' un limite di accettabilita': il "fai da te" della giustizia si sta sempre piu' diffondendo, contemporaneamente alla cultura della illegalita', come unica possibilita' di sopravvivenza. Con tanto di magistrati che, di fronte a incarichi extragiudiziari per redimere privatamente le contese, che spesso sono piu' remunerativi del loro stesso impiego, non si tirano indietro, ma fanno si' che siano sempre piu' numerosi e lucrativi.
In questo contesto, il procuratore di Milano cosa propone? Cominciare a scontare la pena dopo la sentenza di primo grado. Il peggioramento della situazione: come se non si facessero i processi perche' si e' certi della colpevolezza dell'imputato. Un approccio alla riforma del sistema giustizia che non viene fatto considerando l'utente del servizio, ma solo la potenzialita' e possibilita' esecutiva dei preposti al servizio; e se per questa funzionalita' c'e' da far pagare qualcuno, anche in termini di decadimenti delle garanzie e dei diritti, lo si fa nei confronti dell'utente, che e' senza potere e senza alternative e che non puo' esimersi dal fare a meno di questi servizi, se non scivolando nell'illegalita'.
I processi sono lunghi? Snelliamo le procedure, verrebbe spontaneo di pensare ..... ma non e' cosi', perche' si preferisce, nell'attesa, di far pagare la pena ... tanto, "se poi uno e' innocente, lo Stato rimborsera' il dovuto" ... Ci chiediamo dove viva chi fa certe considerazioni: si e' forse dimenticato che l'Italia e' il Paese dove gli elettori con un referendum hanno stabilito la responsabilita' civile dei magistrati e che il Parlamento, subito dopo, l'ha cancellata ribadendo che i magistrati che sbagliano sono intoccabili? Si dimentica che i rimborsi dello Stato sono sempre tardivi quanto ridicoli, specialmente rispetto ad una condizione -la liberta'- per la quale e' estremamente difficile stabilire il prezzo?
Un modo di ragionare dovuto anche al monopolio della giustizia e alla non-eleggibilita' dei magistrati da parte di coloro che dovrebbero, poi, essere giudicati. La certezza di essere inamovibili, di crescere in carriera indipendentemente dai propri meriti, di essere praticamente investiti e non scelti ..... situazioni che consentono di pensare soluzioni che fanno strage dei piu' elementari diritti degli utenti. Una mentalita' e un modo che, se fosse un'azienda privata, li vedrebbe emarginati da qualunque mercato, ma trattandosi di un servizio di pubblica utilita' fornito in regime di monopolio, li fa essere dannosi e inutili, a spese del contribuente.
Tutti paletti che vengono messi sul difficile percorso delle riforme che, pur se timidamente, hanno preso il via con l'istituzione del giudice unico, l'abolizione delle preture, il rafforzamento di interlocutori piu' diretti con gli utenti -come il giudice di pace- e l'avvio del confronto sul giusto processo.
(Vincenzo Donvito)

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