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 MONDO - MONDO - Uccelli marini e plastica. Nel 2050 ingerita dal 90%. Studio
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1 settembre 2015 9:36
 
La maggior parte degli uccelli marini del mondo hanno gia' ingerito della plastica. Ma, da oggi al 2050, il 90% degli albatros, pinguini, gabbiani e altri volatili del mare saranno affetti da questo inquinamento, cosi' come fa sapere uno studio dell'Agenzia nazionale australiana per la scienza (CSIRO)  e del London Imperial College. I ricercatori hanno analizzato alcuni studi realizzati tra il 1962 e il 2012 su 135 specie.
L'inquinamento della plastica, che secondo alcuni scienziati in alcuni ambiti raggiunge il livello record di 580.000 pezzi di plastica per ogni Km quadrato, rappresenta un pericolo per gli uccelli, che confondono la loro superficie colorata con del cibo oppure li ingeriscono per errore. Gli uccelli possono così' sviluppare delle malattie o morire dopo averne ingerito una certa quantita' eccessiva.
Nel 1960, il 5% degli uccelli ne era coinvolto
“Per la prima volta, disponiamo di una previsione globale che mostra quali sono le ripercussioni sulle specie marine da parte dell'inquinamento per la plastica – e i risultati sono impressionanti”, dice Chris Wilcox, ricercatore del CSIRO. “Le stime, basate sulle delle osservazioni storiche, mostrano che almeno il 90% degli uccelli marini ha gia' ingerito della plastica. E' enorme”. A titolo comparativo, uno studio datato all'inizio degli anni 1960, mostrava che almeno il 5% degli uccelli ne era all'epoca coinvolto. Nel 2010, questa cifra' e' arrivata all'80%.
Dopo la commercializzazione della plastica durante gli anni 1950, la produzione e' raddoppiata nel giro di 11 anni, ricorda lo studio. “Tuttavia, tra il 2015 e il 2016, la quantita' totale di plastica prodotta sara' equivalente a tutta quella gia' fabbricata” dall'inizio della produzione della plastica stessa, aggiungono i ricercatori.
La minaccia “e' geograficamente estesa, generalizzata e aumenta rapidamente”, stimano gli stessi ricercatori, precisando che le zone piu' a rischio sono “ai limiti dell'oceano Australe, nel mare di Tasmania tra l'Australia e la Nuova Zelanda”, in virtu' di una fonte di inquinamento e della grande diversita' degli uccelli marini in questo settore. “Una gestione efficace dei rifiuti potrebbe ridurre questa minaccia”, notano infine i ricercatori. 
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