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Prezzi agricoli in calo ma nessuna ricaduta sul dettaglio ai consumatori. Mala gestione e non liberalizzazione
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3 maggio 2024 13:51
 

Un rapporto della Commissione Ue fa sapere che l’indice dei prezzi agricoli è diminuito rispetto al 2022, ma questo calo non si è ancora tradotto in una riduzione dei prezzi alimentari per i consumatori. Il settore agricolo continua ad essere influenzato da numerosi eventi al di fuori del suo controllo come le crisi climatiche e geopolitiche, che continuano a esercitare pressioni sugli agricoltori. Ciò ha implicazioni sulla produttività, sul commercio, sulla domanda dei consumatori, sui prezzi.

Per chi non avesse ancora compreso la dinamica della formazione dei prezzi, questi dati sono un aggancio alla realtà. Quella non fatta dal clamore degli agricoltori, che nei mesi scorsi - scontenti per i costi base delle produzioni che vendevano, e nonostante un forte sostegno economico dell’Unione che non ha pari con altri settori - hanno ottenuto ulteriori agevolazioni dai governi (l’italiano fra gli altri) che hanno aumentato i debiti pubblici per tenerseli buoni.

Una realtà che è solo marginalmente fatta di pomodori che costano due centesimi e poi vengono venduti ad un euro al dettaglio… che quand’anche questo pomodoro costasse dieci volte di più le modifiche dei guadagni degli agricoltori e dei prezzi al dettaglio sarebbero marginali.

Realtà fatta invece di dinamiche inflazionistiche maggiori della crescita degli stipendi, dinamiche inflazionistiche che riescono ad essere contenute solo grazie al calo in assoluto dei prodotti energetici (grazie alle politiche Ue che hanno fatto fronte ai disastri seguiti all’invasione russa dell’Ucraina).. calo che non corrisponde alle continue crescite di tutti gli altri prodotti e servizi che contribuiscono a determinare l’inflazione.

Tutto questo ci indica che il mercato agricolo è tutt’altro che “drogato” da multinazionali e bassi guadagni degli agricoltori, ma è parte della cattiva gestione delle dinamiche dei prezzi, in Italia più che altrove. Dove, non a caso, la cosiddetta inflazione percepita è circa il triplo di quella registrata.
Cattiva gestione, per esempio, che non riesce a valorizzare la caduta dei prezzi energetici (che sono, invece, al dettaglio, in crescita), anche perché quanto il consumatore paga sono più che altro tasse, che servono a mantenere un sistema fiscale asfittico concepito e attuato solo per vessare e peggiorare, premiando le corporazioni a discapito delle liberalizzazioni.


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