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Il Marocco produce, la Francia e l'Europa consumano
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Articolo di Rosa a Marca
14 marzo 2002 14:45
 
L'80%-90% della cannabis consumata in Francia proviene dal Marocco. L'argomento e' oggetto di un rapporto scritto da Alain Labrousse, esperto dell'Osservatorio francese di droghe e tossicomanie, e da Lluis Romero, membro di una Ong spagnola. In un primo tempo il loro studio appariva sul sito governativo Mildt, in seguito e' stato posto sotto la diretta e unica responsabilita' dei due autori. Un modo diplomatico per non coinvolgere le autorita' francesi e marocchine, poco inclini a prendere atto della realta' svelata.
Il rapporto, partito da un'indagine in loco, descrive lo stato della coltura e del traffico della cannabis.
Coltivazione: supera i 100.000 ettari e travalica il Rif, -la regione a sud e ad ovest- fino a lambire Tangeri, per una produzione annua di 2.000-2.500 tonnellate, a seconda delle condizioni climatiche. La sua progressiva crescita e' in stretta relazione con la domanda europea. Basti dire che quest'anno, tre settimane appena dopo il raccolto, tutta la merce era stata venduta, persino l'hashish di cattiva qualita'. Il fenomeno e' legato anche al sottosviluppo di quella zona, e del Marocco in generale, che attira sempre piu' gente verso la terra: ci sono addirittura persone che abbandonano Tangeri per andare nel Rif a coltivare canapa. Ed e' favorito da una certa decontrazione del potere sotto Maometto VI, per cui oggi ci sono meno pressioni e arresti esemplari che non all'epoca di Hassan II. Cosi' i contadini si sentono autorizzati a coltivare e altri a offrire la merce senza remore.
Mercato: i mercanti comprano la canapa direttamente dai contadini, poi a dorso d'asino la trasportano in montagna dove ci sono i laboratori che la trasformano in resina. A quel punto la droga passa su canotti pneumatici con motori da 500 cavalli, in grado di contenere fino a 1.500 chili di roba; alcuni si dirigono in Spagna, altri la trasferiscono su potenti yacht in mare aperto. Un altro circuito e' quello dei camion che scendono verso i porti del sud, il terzo e' l'impiego di aerei ed elicotteri provenienti dalla Spagna.
Conseguenze socio-ambientali: la cannabis distrugge la struttura tribale e familiare: i saggi non sono piu' gli anziani, ma i ricchi trafficanti. Con il risultato che le competenze agricole non vengono piu' trasmesse da una generazione all'altra, l'analfabetismo avanza e si moltiplicano i conflitti tra vicini, poiche' la cannabis rende da otto a dodici volte piu' del miele o della vite e quaranta volte piu' dei cereali.
Anche se la canapa da' l'idea di una coltura ecologica, in realta' e' intensiva e provoca la deforestazione di 1.000 ettari all'anno in una regione gia' compromessa dall'allevamento delle capre. A cio' si deve aggiungere lo sfruttamento idrico e l'abuso di concimi e pesticidi.
Politica: le voci di una probabile legalizzazione dell'uso della cannabis in Olanda, Belgio, Gran Bretagna, Svizzera, con la prevedibile conseguente produzione autoctona, suscita inquietudine in Marocco. Quale migliore occasione, dunque, per rimettere tutto in discussione, di qua e di la' dal Mediterraneo? Ma la Francia e l'Unione europea non vogliono destabilizzare un regime non islamico, ne' assumersi gli alti costi di un programma di sviluppo alternativo che assicuri la sopravvivenza di 200.000 famiglie nel Rif. Essendo questa una regione tuttora marginalizzata, si spiega perche' il Marocco e l'Europa chiudono gli occhi sulla cannabis: per evitare conflitti interni e una nuova ondata di immigrati.
L'ultimo aspetto non trascurabile di tutta la vicenda e' che la corruzione arricchisce gli intermediari locali.
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