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Pubblicità: il consumatore ha diritto alla chiarezza. Consiglio di Stato
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Articolo di Sara Astorino
1 aprile 2025 10:52
 

La pubblicità ingannevole è quella che, secondo l'art. 2 del D.Lgs n. 145/2007, "in qualunque modo, compresa la sua presentazione, induca in errore o possa indurre in errore le persone fisiche o giuridiche alle quali è rivolta o che essa raggiunge e che, a causa del suo carattere ingannevole, possa pregiudicare il loro comportamento economico ovvero che, per questo motivo, leda o possa ledere un concorrente". 
 
Sulla base di questa definizione, il Consiglio  di Stato, con la sentenza n. 2462 del 25 Marzo 2025 è tornato ad affrontare il problema.
E’ stato così chiarito che si considera “ingannevole” non soltanto la pratica commerciale attraverso la quale vengano veicolate informazioni non corrispondenti al vero, ma anche la pratica che contiene un’informazione che seppure di fatto corretta, in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, induce o è idonea ad indurre in errore il “consumatore medio”. 

Il Consiglio di Stato si concentra sul concetto di “primo impatto” ovvero sulla circostanza che un’informazione venga veicolata, più volte, in modo tale da distogliere l’attenzione del consumatore da altri elementi che sono idonei a far comprendere il reale funzionamento del prodotto, del sito o ancora della piattaforma di acquisto.  

Il Caso.
A seguito di segnalazioni dei consumatori, l’Autorità Garante della Concorrenza e del mercato avviava un’istruttoria a carico di una società che, tramite la propria piattaforma, consentiva la compravendita di abbigliamento ed accessori in diversi paesi.
L’Autorità rilevava che la piattaforma veniva pubblicizzata in modo ingannevole soprattutto per quanto riguardava i reali costi di utilizzo.
Dalla pubblicità sembrava che la compravendita fosse gratuita, che gli acquirenti e i venditori potessero operare senza nulla dover pagare alla piattaforma, mentre in realtà l’acquirente  doveva corrispondere una commissione.
Il Consiglio di Stato ha precisato che “anche le modalità grafiche ed espressive con cui gli elementi del prodotto vengono rappresentati all’interno del messaggio pubblicitario rientrano tra gli standard di chiarezza, completezza e intelligibilità degli elementi rilevanti del prodotto, la cui mancanza può integrare una omissione ingannevole”.
Questi caratteri assumono importanza perché  il “consumatore medio”, a cui il messaggio è rivolto, coincide con una persona che se tutte le informazioni sono chiare, senza distrarre la sua attenzione, sarà in grado di assumere una decisione consapevole.
Il Consiglio di Stato sottolinea anche che i messaggi pubblicitari quali “Zero commissioni sulla vendita”, “0% di commissioni sulle vendite”, “Vendi gratis, vendi senza commissioni”, “Scarica l’app e vendi senza commissioni”, inducono a credere che l’operazione sia esente da costi od oneri aggiuntivi rispetto al pagamento del prezzo convenuto.


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